La nuova statua del bacio ci rappresenta nella memoria e nell'identità

Il posizionamento della statua “Il bacio della memoria di un porto” restituisce finalmente alla città un po’ di bellezza, di bontà e di giustizia

Incontro con il Sindaco per intitolare una piazza alle vittime dei bombardamenti

Il Comitato 14 Maggio ha avanzato una richiesta scritta di intitolare il piazzale compreso tra via Mazzini e Via Gorizia alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani

Anniversario della nascita dell'Optimus Princeps, il fondatore di Civitavecchia

Ogni nuovo Imperatore dopo Traiano veniva salutato dal Senato con l'augurio: possa tu essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano (Felicior Augusto, melior Traiano)

Recensione della nostra visita presso la Macchina del Tempo Civitavecchia

E’ una calda sera di agosto quella che ci vede, insieme ad alcuni simpatizzanti, in visita presso la Macchina del Tempo, progetto inedito a cura di Roberta Galletta, divulgatrice storica

14 maggio, Anniversario dei bombardamenti anglo-americani su Civitavecchia

Il Comitato ha deposto un omaggio floreale presso il Monumento alle Vittime civili dei Bombardamenti, partecipando alla cerimonia ufficiale insieme alle autorità locali per ricordare quanti hanno perso la vita durante la 1° incursione aerea alleata.

30 dicembre 2021

Il bilancio delle attività del Comitato 14 Maggio per l'anno 2021


Il settimo anno di attività del Comitato 14 Maggio si è appena concluso e come di consueto ci apprestiamo a fare un rapido bilancio.

Il Comitato è riuscito a convincere l'amministrazione locale sull'opportunità di ripristinare la denominazione originaria di “Largo Caduti 14 Maggio” nello spiazzo dinnanzi al Monumento alle Vittime dei Bombardamenti, dopo che due anni prima è stato tolto il parcheggio che nascondeva l'area monumentale.  L'intento di coltivare la memoria storica relativa alla data del 14 maggio si è tradotto anche in una trasmissione ad hoc con la web  tv locale TalkCity nell'ambito della trasmissione Unitas.

Il Comitato ha continuato ad avanzare nuove proposte all'amministrazione locale protocollando ordini del giorno per l'apertura dei giardini del Monumento ai Mutilati e agli Invalidi del Lavoro, ha invitato le autorità a verificare l'integrità delle bandiere in occasione della Festa del Tricolore e, in occasione del Centenario del Milite Ignoto, ha fatto appello per la rigenerazione del Piazzale degli Eroi. Recentemente il Sindaco, in occasione di un'intervista ad una emittente locale ha confermato l'intento di voler riorganizzare il piazzale degli Eroi, accogliendo le osservazioni del Comitato per una maggiore apertura ai pedoni. 

Anche nel 2021 abbiamo continuato a promuovere la figura dell'Imperatore Traiano, segnalando lo stato di abbandono della Villa dell'Imperatore e inviando all'amministrazione locale linee guida per la valorizzazione della sua figura nell'ambito di un piano di rilancio della vita culturale della città. Tale documento, a nostro avviso, assume un'importanza crescente nel contesto del recente riconoscimento del porto di Civitavecchia come porto "core" a livello UE. 

Il Comitato è stata l'unica associazione del territorio a ricordare l'importante gemellaggio con Betlemme e l'assenza della targa toponomastica dell'omonima piazza dedicata alla città palestinese.  

Inoltre, abbiamo preso posizione contro la scelta di far ritornare la statua del marinaio americano presso il piazzale degli Eventi. A tal proposito, il Comitato ha segnalato il bizzarro etnomasochismo che caratterizza la vita cultura locale, portando ad esempio la targa sull'archetto di piazza Saffi che ricorda la sconfitta e il saccheggio della città  da parte dei Saraceni.

Attraverso i suoi canali il Comitato ha continuato a segnalare gli eventi culturali di spessore nel comprensorio nonché le date più importanti che scandiscono la qualità del tempo.


19 dicembre – Commemorazione del 23° anniversario del gemellaggio con Betlemme

10 novembreComunicato contro il ritorno della statua del marinaio americano presso il Piazzale degli Eventi

13 agostoAppello per la rigenerazione del Piazzale degli Eroi

14 luglioProtocollate le linee Guida per la promozione della figura dell'Imperatore Traiano 

7 giugno - Il Comitato 14 Maggio sostiene l’iniziativa delle associazioni combattentistiche di Civitavecchia volta a conferire la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto

14 maggio – Commemorazione dei bombardamenti anglo-americani su Civitavecchia

13 maggio - L'area antistante il Monumento alle Vittime dei Bombardamenti viene "ridenominato Largo Caduti 14 Maggio"

10 maggioTrasmissione sui bombardamenti alleati in partenariato con TalkCity.

9 marzoSegnalazione dello stato di abbandono dei giardini del Monumento ai Mutilati e agli Invalidi del Lavoro situato in via Braccianese Claudia angolo via Isonzo.

27 gennaioAppello per la valorizzazione della Villa di Traiano.

5 gennaio – Invito rivolto all’amministrazione locale a verificare l'integrità delle bandiere posizionale sugli edifici istituzionali, in occasione della Festa del Tricolore.


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19 dicembre 2021

Comunicato: 23° anniversario del gemellaggio tra Civitavecchia e Betlemme

Il gemellaggio tra Civitavecchia con la città santa di Betlemme è giunto al suo 23° anniversario. Un accordo che oltre a impegnare i due Comuni del Mediterraneo nello scambio di buone pratiche nel campo dell’amministrazione locale celebra anche la fratellanza tra i cittadini di Civitavecchia e il popolo palestinese, quest’ultimo martoriato da continui conflitti e occupazioni.

Nel 2002 per celebrare la fine dell'assedio della Basilica della Natività da parte dei soldati israeliani, la città di Civitavecchia ha intitolato una sua piazza, presso il Pirgo, a Betlemme, in presenza del Rappresentante dello Stato della Palestina in Italia, dopo che quattro anni prima venne conferita la cittadinanza onoraria a Yasser Arafat.

Ad oggi con rammarico notiamo che gli scambi tra le amministrazioni delle due città sono inesistenti, mentre la collocazione e il significato di Piazza Betlemme rimane sconosciuta ai più per il semplice fatto che la targa toponomastica, distrutta dagli agenti esogeni, non è più stata ripristinata.

Tale carenza, oltre a rappresenta una manchevolezza delle varie amministrazioni locali succedutesi nel tempo, che priva una piazza regolarmente intitolata del dovuto cartello toponomastico, è una mancanza di rispetto verso la Palestina nei cui confronti, in presenza di alti rappresentanti, abbiamo espresso la nostra solidarietà e vicinanza come città.

Il Comitato 14 Maggio auspica il ripristino al più presto della targa toponomastica e celebrativa di Piazza Betlemme nel rispetto della parola data, della Palestina e dei cittadini di Civitavecchia.

Il direttivo del Comitato 14 Maggio


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16 dicembre 2021

Il simbolo del Natale


Le feste natalizie sono costellate di cerimonie ed usanze di cui non tutti conoscono il significato profondo, l’origine e l’evoluzione
. Alcune di esse derivano da tradizioni pagane cristianizzate. Questa commistione di usanze di ispirazione evangelica con altre precristiane è dovuta alla collocazione calendariale del Natale che, diversamente dalla Pasqua, è errata storicamente. Nel vangelo di Luca si narra soltanto che nel periodo in cui nacque Gesù c’erano a Betlemme dei pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al gregge. Siccome sappiamo che i pastori ebrei partivano per i pascoli all’inizio della primavera, in occasione della loro Pasqua, e tornavano in autunno, è evidente che il Cristo nacque tra la fine di marzo e il primo autunno; tant’è vero che fino alla fine del III secolo il Natale veniva festeggiato, secondo i luoghi, in date differenti: il 28 marzo, il 18 aprile o il 29 maggio.

Nella seconda metà del secolo III si affermò nella Roma pagana il culto del sole, di cui l’astro non era se non una manifestazione sensibile. In suo onore l’imperatore Aureliano aveva istituito una festa al 25 dicembre, il Natalis Solis Invicti, il Natale del Sole Invitto, durante il quale si celebrava il nuovo sole “rinato” dopo il solstizio invernale. Molti cristiani erano attirati da quelle cerimonie spettacolari; sicché la Chiesa romana, preoccupata per la nuova religione che poteva ostacolare la diffusione del cristianesimo più delle persecuzioni, pensò bene di celebrare nello stesso giorno il Natale di Cristo. La festa, già documentata a Roma nei primi decenni del IV secolo, si estese a poco a poco al resto della cristianità.

La coincidenza con il solstizio d’inverno fece sì che molte usanze solstiziali, non incompatibili con il cristianesimo, venissero recepite nella tradizione popolare. D’altronde non si trattava di una sovrapposizione infondata, perché fin dall’Antico Testamento Gesù era preannunciato dai profeti come Luce e Sole. Malachia lo chiamava addirittura “Sole di giustizia”.

Per questi motivi già nei primi secoli l’accostamento del sole al Cristo era abituale, come testimonia Tertulliano: “Altri ritengono che il Dio cristiano sia il sole perché è un fatto notorio che noi preghiamo orientati verso il sole che sorge e nel giorno del sole ci diamo alla gioia, a dire il vero per un motivo del tutto diverso dall’adorazione del sole”.

Collegata a questo simbolismo di luce è l’usanza di adornare l’uscio di casa con piantine come il pungitopo o l’agrifoglio dalle bacche rosse, mentre quella del vischio è una tradizione celtica cristianizzata. La si considerava una pianta donata dagli dei poiché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di un’altra. Si favoleggiava che spuntasse là dov’era caduta una folgore: simbolo di una discesa della divinità, e dunque di immortalità e di rigenerazione. La natura celeste del vischio, la sua nascita dal Cielo e il legame con i solstizi non potevano non ispirare successivamente ai cristiani il simbolo di Cristo: come la pianticella è ospite di un albero, così il Cristo, si dice, è ospite dell’umanità, un albero che non fu generato nello stesso modo con cui si generano gli uomini. Alla luce delle antiche feste solstiziali si seguivano alcune usanze, come ad esempio quella di accendere fuochi e falò che hanno, si dice, la funzione simbolica di “bruciare” le disgrazie e i peccati dell’anno morente, di purificare, ma anche di ricevere dal sole, composto di fuoco, nuova energia, fertilità e fecondità: sole che altro non è se non il simbolo di Cristo, come si è già detto.

Ma torniamo alla notte di Natale quando, una volta e ancora adesso in qualche famiglia toscana o emiliana, si accendeva dopo la cena di magro un ceppo che rappresenta simbolicamente l’Albero della Vita, il Cristo, dicendo: “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane; ogni grazia di Dio entri in questa casa, le donne facciano figlioli, le capre capretti, le pecore agnelletti, abbondino il grano e la farina e si riempia la conca di vino” – “Il giorno del pane”, lo chiamavano: per questo motivo si mangiavano, come oggi d’altronde, dolci a base di farina che hanno nomi diversi secondo le regioni: pangiallo, pane certosino, pandolce, panforte, pampepato e panettone. Perché mai il pan dolce? L’usanza di consumare questo alimento nei periodi solstiziali potrebbe risalire agli antichi Romani, perché Plinio il Vecchio riferisce che alla festa del Natalis Solis Invicti si confezionavano le sacre e antiche frittelle natalizie di farinata. Con l’avvento del cristianesimo si modificò l’interpretazione riferendosi alle parole di Gesù: “lo sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più lame e chi crede in me non avrà più sete; io sono il pane della vita”. Il Pane della Vita s’incarnò proprio a Betlemme, che nell’ebraico Bet Lehem significava Casa del Pane, nome dovuto probabilmente al fatto che proprio in quella cittadina era un immenso granaio, essendo circondata da campi di frumento.

Quanto al ceppo, non è il solo simbolo arboreo natalizio: lo è anche l’abete che fin dall’epoca arcaica tu considerato un albero cosmico che si erge al centro dell’universo e lo nutre. Fu facile ai cristiani del nord assumerlo come simbolo del Cristo. Nei paesi latini l’usanza si diffuse molto tardi, a partire dal 1840, quando la principessa Elena di Maclenburg, che aveva sposato il duca di Orléans, figlio di Luigi Filippo, lo introdusse alle Tuileries suscitando la sorpresa generale della corte. Persino i suoi addobbi sono stati interpretati cristianamente: i lumini simboleggiano la Luce che Gesù dispensa all’umanità, i frutti dorati insieme con i regalini e i dolciumi appesi ai suoi rami o raccolti ai suoi piedi sono rispettivamente il simbolo della Vita spirituale e dell’Amore che Egli ci offre.

Anche l’usanza della tombola nel pomeriggio del Natale ha una derivazione pagana: durante i Saturnali, che precedevano il solstizio e sui quali regnava Saturno, il mitico dio dell’Età dell’Oro, si permetteva eccezionalmente il gioco d’azzardo, proibito nel resto dell’anno: esso era in stretta connessione con la funzione rinnovatrice di Saturno il quale distribuiva le sorti agli uomini per il nuovo anno; sicché la fortuna del giocatore non era dovuta al caso, ma al volere della divinità.

Nella Roma antica, in occasione dell’inizio dell’anno si usava anche donare delle strenae che arcaicamente erano rametti di una pianta propizia che si staccavano da un boschetto sulla via Sacra, consacrato a una dea di origine sabina, Strenia, apportatrice di fortuna e felicità. Poi a poco a poco si chiamarono strenae anche doni di vario genere, come succede ancora oggi.

É invece soltanto cristiana l’usanza del Presepe. Il primo, vivente, con il bue e l’asino nella mangiatoia, risale al 1223 a Greccio, un paese vicino a Rieti: lo ideò san Francesco d’Assisi ispirandosi a una tradizione liturgica sorta nel secolo IX, quando in molti Paesi europei si formarono dall’ufficio quotidiano delle ore i cosiddetti uffici drammatici a rievocare le principali scene evangeliche con brevi dialoghi. Successivamente quei primi esperimenti si ampliarono in strutture più vaste e complesse, sicché il tema della Natività ispirò nel monastero di Benedikburen un vero e proprio dramma al cui centro campeggiava quella del presepe.

Ispirandosi a quelle sacre rappresentazioni Francesco volle rievocare la scena della Natività con un bue e un asino in carne ed ossa. “L’uomo di Dio” scrisse san Bonaventura da Bagnoregio “stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia”. Ancora oggi a Greccio si celebra il presepe vivente da cui sono derivati quelli inanimati. La mangiatoia era vuota ma il cavaliere Giovanni di Greccio, molto legato a Francesco, affermò di avere veduto un bellissimo fanciullino addormentato che il beato Francesco, stringendolo con entrambe le braccia, sembrava destare dal sonno.

Alfredo Cattabiani

Tratto da Avvenire del 2 marzo 2003 (via  Centro Studi Aurhelio)

Foto: trcgiornale.it

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29 novembre 2021

Una funivia sulla vallata della Fiumaretta per rilanciare il turismo e promuovere Acque Tauri e le Terme di Traiano


C'era una volta il cementificio di Civitavecchia che attingeva la materia prima dalla cava di Sassicari. Il mezzo che trasportava il calcare era molto rapido ed efficiente. Si trattava infatti di una teleferica che è stata in esercizio fino agli anni cinquanta. Di tutto questo, al giorno d'oggi, è rimasta una buona parte dei piloni che sosteneva no le funi per la movimentazione dei carrelli. Sull'altopiano che domina la bella vallata della Fiumaretta ho fotografato tre di questi piloni. Vedendoli ancora ben saldi mi è venuta la balzana idea di proporre una cabinovia che, pressoché sullo stesso percorso, possa trasportare rapidamente gruppi di turisti in vari luoghi di grande interesse. Partendo dall'attuale piazzale della ex centrale della Fiumaretta la prima sosta potrebbe essere un punto intermedio tra l'Aquafelix è il futuro albergo delle Terme (prima o poi potrebbe essere ultimato). Scendendo in questa stazione intermedia, oltre che per recarsi in una delle due possibili mete, si potrebbe, con un servizio di navette tipo Ape o con un trenino, raggiungere le vicine Ficoncella e il sito di Aquae Tauri. La seconda stazione potrebbe essere quella finale delle Terme di Traiano. Se l'hanno fatto a Barcellona solo per raggiungere un belvedere sulla città non vedo perché non si possa realizzare a Civitavecchia dove arrivano milioni di passeggeri allargando così le attuali opportunità turistiche della città.

Francesco Etna

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22 novembre 2021

In memoriam | Padre Gianfranco Maria Chiti


E' stata intitolata a Padre Gianfranco Maria Chiti il piazzale dinnanzi alla Chiesa dei Cappuccini a Civitavecchia. Uomo di grande cultura, integrità morale, fedeltà alla parola data. Di grande fede e devoto alla Madonna, ha svolto un intenso apostolato tra i militari e verso i bisognosi. 
La sua vita si intreccia con la nostra città quando nel 1967 fu nominato comandante del 4º Battaglione Meccanizzato e Corazzato del 1º Reggimento “Granatieri di Sardegna” di stanza a Civitavecchia, caserma Ugo De Carolis.

Fonte: granatieridisardegna

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18 novembre 2021

18 Novembre 1705 nacque Andrea Casali, importante artista di fama internazionale quasi ignoto nella sua città natale, Civitavecchia

Andrea Casali - Il trionfo di Galatea, Kelvingrove Art Gallery and Museum, Glasgow (Scozia).
Il 18 Novembre del 1705 nacque a Civitavecchia Andrea Casali, un importante esponente di calibro internazionale del Rococò che, come molti altri personaggi illustri di Civitavecchia, ne menzioniamo solo l'Imperatore Traiano, è quasi passato inosservato ai più. Che dire, probabilmente se fosse stato l'autore della pseudo-statua detta "resa incondizionata" o "il bacio del mare" che per anni ha infangato la memoria della città allora forse Andrea Casali sarebbe stato ricordato come si deve. Siccome è l'autore "solo" di affreschi raffiguranti la vita di Santi nelle principali basiliche di Roma e Rieti, e di tele narranti la storia romana e della mitologia europea custodite a Madrid, Parigi e Budapest allora si è pensato che forse lo si può pure ignorare. 
Di seguito il curriculum di Andrea Casali così come riportato sul portale Wikipedia.

Andrea Casali (Civitavecchia, 1705 – Roma, 1784) è stato un pittore italiano.
Importante esponente del periodo Rococò, nacque a Civitavecchia nel 1705 e fu allievo di Sebastiano Conca. A Roma nel 1728 ricevette la sua prima commissione importante, dipingendo un ciclo di 32 lunette raffiguranti le storie della vita di San Domenico nel chiostro della Basilica di San Sisto Vecchio, durante il pontificato di Benedetto XIII. In seguito a quest'opera, venne premiato con la nomina a cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro. Nel 1729 dipinse San Filippo Neri in estasi e due ovali raffiguranti santi francescani nella chiesa di San Gregorio della Divina Pietà. In tale periodo eseguì anche diversi dipinti per alcune chiese di Rieti come i due ovali che rappresentano Santa Giacinta Marescotti e Santa Margherita in Sant'Antonio al Monte. Nel 1736 dipinse per il Palazzo Reale di Madrid due grandi tele con scene di storia romana: "Sofonisba si avvelena" e "la Vestale Tuccia prova la propria innocenza". Negli anni cinquanta del Settecento si dedicò particolarmente al ritratto, alla pittura religiosa ed a quella decorativa. Notevole è il ciclo del 1753 raffigurante le Arti e Bacco e Arianna a Ranston nel Dorset; l'ottagono con scene mitologiche conservato nella Argyll House a Richmond nel Surrey, eseguito dopo il 1758, è considerato uno dei lavori più riusciti. Espose alla Society of Artists e alla Free Society vincendo ben quattro premi tra il 1760 ed il 1766. Negli anni settanta del Settecento, ormai anziano, dipinse tutte le tele nelle cappelle laterali di destra della chiesa della Santissima Trinità degli Spagnoli (Roma), oltre le tre pale d'altare del lato sinistro. Inoltre si dedicò con vivo successo alle tematiche pagane, mitologiche e poetiche. Sue opere sono in musei di tutto il mondo come il Louvre di Parigi, l'Ashmolean Museum di Oxford, il Museo di Belle Arti (Budapest) ecc. ed in importanti collezioni private.

Nonostante alcuni tendono ad avvalorare l'ipotesi, circolante sul web, circa il fatto che Andrea Casali non sia nato a Civitavecchia bensì a Roma, ricordiamo che il maggior numero di fonti attendibili e disponibili sull'artista, che sono risalenti già al primo 800, sono disponibili in inglese avendo lui vissuto per 25 anni in Inghilterra. In tutte queste fonti la città di Civitavecchia è indicata come la città natale, alla quale si aggiungono parte delle poche fonti italiane disponibili.





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15 novembre 2021

Forte Michelangelo, con dettagli inediti, in un dipinto del XVIII secolo

Questo è un dipinto di Gregorio Fidanza, un pittore italiano nato a Collevecchio nel 1754. Formatosi nelle botteghe romane, cominciò ad affermarsi con dipinti ispirati alle marine e scorci di rovine romane ricalcando lo stile di Lorrain e di altri vedutisti. Infatti, per tutta la durata della sua carriera artistica si dedicò alla realizzazione di dipinti che raffigurassero la natura ed i panorami, spesso con ambientazione notturna come nel presente dipinto. Come altri pittori dell'epoca la scena qui ritratta è speculare per il probabile uso della camera ottica per il bozzetto. In questo caso, però, l'opera  è stata deliberatamente invertita dal sottoscritto per trovare la corrispondenza visiva con la realtà. Interessante notare alcuni particolari del Forte, come la copertura conica del torrione e il campanile (di Santa Fermina?) situato posteriormente, che è possibile vedere anche nella famosa incisione di J.T Willmore su disegno di W. Leicht.  Morì a Roma il 10 gennaio del 1823. Fonte dell'immagine da me modificata: Casa d'aste Pandolfini.

Francesco Etna

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10 novembre 2021

Comunicato: La statua del marinaio americano divide la comunità, offende la memoria e deturpa il paesaggio


Il Comitato 14 Maggio esprime la sua delusione alla notizia del ritorno della statua del marinaio americano presso il Piazzale degli Eventi. Consideriamo che tale statua divide la comunità, offende la memoria e deturpa il paesaggio.

La raffigurazione pop-art sullo sfondo del solenne Forte Michelangelo, oltre a rappresentare una caduta nel kitch è uno schiaffo all’inestimabile patrimonio locale che giace in attesa di essere valorizzato. Dopo aver perso gran parte della sua ricchezza architetturale sotto i 87 bombardamenti anglo-americani è totalmente inspiegabile l’insistenza del Comune di far ritornare per la seconda volta, a spese dei contribuenti, tale statua che rappresenta non solo una raffigurazione aliena alla cultura locale ma addirittura che la oltraggia. 

Il Comitato 14 Maggio negli anni ha avanzato al Comune diverse proposte di valorizzazione del territorio come per esempio la riqualificazione del Cimitero Monumentale, la rigenerazione di Largo San Francesco d’Assisi e di Piazzale degli Eroi o ancora che portino anche ad uno stimolo economico nel solco comunque del rispetto dell’identità locale come il progetto di promozione della figura dell’Imperatore Traiano

Chiediamo all’amministrazione locale di ritornare su sui passi e indirizzi la sua attenzione e i fondi dei contribuenti a valorizzare il territorio e le sue ricchezze.

Comitato 14 Maggio


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4 novembre 2021

IV Novembre - Centenario del Milite Ignoto | Cerimonia presso il Monumento ai Caduti


Giovedì 4 Novembre, ricorrenza della Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate e Centenario del Milite Ignoto, appuntamento alle ore 11.30 in piazzale degli Eroi dove si terrà l’Alzabandiera e la deposizione di una Corona al Monumento ai Caduti in presenza delle autorità religiose,  militari e politiche. 


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1 novembre 2021

La festa di Ognissanti | Le differenze di qualità del tempo

Tutti i Santi, quadro di Beato Angelico

Il 1° novembre è lo spartiacque fra un anno agricolo e l’altro. Finita la stagione dei frutti la terra, che ha accolto i semi del frumento destinati a rinascere in primavera, entra nel periodo del letargo: «Per l’Ognissanti siano i grani seminati e i frutti rincasati» consiglia un proverbio.
Per i cristiani si celebrano in questi giorni due feste importanti, Ognissanti e la Commemorazione dei defunti. Ma un tempo, nelle terre abitate dai Celti, che si estendevano dall’Irlanda alla Spagna, dalla Francia all’Italia settentrionale, dalla Pannonia all’Asia Minore, questo periodo di passaggio era il Capo d’anno: lo si chiamava in Irlanda Samuin ed era preceduto dalla notte conosciuta ancor oggi in Scozia come Nos Galan-gaeaf, notte delle Calende d’inverno, durante la quale i morti entravano in comunicazione con i vivi in un generale rimescolamento cosmico, come già si è constatato in altri periodi critici dell’anno.

Era festa grande per i Celti, così come le feste solstiziali di Capodanno lo erano per i Romani, e veniva ancora celebrata all’inizio del medioevo. Per cristianizzarla l’episcopato franco istituì al 1° novembre la festa di Ognissanti alla cui diffusione contribuì soprattutto Alcuino (735-804), l’autorevole consigliere di Carlo Magno. Qualche decennio dopo, l’imperatore Ludovico il Pio, su richiesta di papa Gregorio IV (827-844) ispirato a sua volta dai vescovi locali, la estese a tutto il regno franco. Ma ci vollero ancora parecchi secoli perché il 1° novembre diventasse in tutta la Chiesa d’occidente la festa d’Ognissanti: fu papa Sisto IV a renderla obbligatoria nel 1475.

La tradizione di festeggiare tutti i santi, anche quelli ignoti, non è nata tuttavia in Francia. Fin dalla seconda metà del secolo II in Oriente e del III in Occidente la Chiesa festeggiava ogni anno l’anniversario del dies natalis di ogni martire, ovvero il giorno della sua rinascita in cielo che coincideva, come s’è già spiegato, con la morte. In greco mártyr significava testimone; e il primo dei martiri, il modello, era stato il Cristo stesso, «il testimone fedele», come l’aveva chiamato nell’Apocalisse Giovanni, il quale tuttavia aveva dato il medesimo titolo ad Antipa, ucciso a Pergamo per la sua fede (47). Non era certo una contraddizione poiché il martire che confessa la propria fede nel Cristo fino all’estremo sacrificio diventa una realtà sola con il Crocifisso Risorto e rende al Padre la stessa testimonianza di fedeltà che gli ha reso il Figlio: figlio nel Figlio, nel mistero della comunione celeste. Nei primi secoli si ricordava il martire presso il suo sepolcro con la celebrazione dell’eucaristia. Inizialmente si pregava il Signore per lui, poi si cominciò a pregare suo tramite, a considerarlo cioè intercessore presso Dio, come testimoniano i graffiti romani della Memoria apostolorum che risalgono all’incirca al 260. L’usanza di celebrare ogni martire nel suo dies natalis indusse le Chiese locali a compilare un elenco con la data della morte e il luogo della depositio del corpo, ovvero della morte, come prescriveva san Cipriano, vescovo di Cartagine (morto nel 258) (48): sicché fin dalla metà del secolo III nacquero i primi abbozzi dei calendari cristiani e dei martirologi. La prima depositio martyrum pervenutaci è contenuta nel già ricordato Cronografo Filocaliano (354), così detto perché fu composto da Furio Dionigi Filocalo, artista greco e inventore di caratteri di rara eleganza di cui egli si sarebbe servito più tardi per far scolpire sulle tombe dei martiri le iscrizioni dettate dal suo maestro, papa Damaso. Il Cronografo, che era destinato a un cristiano, come dimostra la dedica (Floreas in Deo, Valentine: possa tu fiorire in Dio, Valentino) contiene nella prima parte un calendario con i fasti romani, seguito dai sette giorni della settimana con le loro proprietà astrologiche; nella seconda, i fasti consolari, il catalogo dei prefetti della città, la descrizione di Roma e infine alcuni testi cristiani fra cui la depositio martyrum con le indicazioni essenziali: per esempio, al terzo giorno dalle Idi di agosto, cioè all’11, si legge Laurenti in Tiburtina, ovvero a Lorenzo sulla via Tiburtina. La riportiamo qui di seguito premettendo tra parentesi la traduzione in date moderne di quelle romane: item depositio martyrum (25 dicembre): VIII Kal. Jan. Natus Christus in Bethleem Judeae. Mense Januario (20 gennaio): XIII Kal. feb. Fabiani in Calisti et Sebastiani in Catacumbas. (21 gennaio): XII Kal. feb. Agnetis in Nomentana. Mense Februario (22 febbraio): VIII Kal. mart. Natale Petri de catedra. Mense Martio (7 marzo): Non. mart. Perpetuae et Felicitatis, Africae. Mense Maio (19 maggio): XIV Kal. jun. Partheni et Calogeri in Calisti, Diocletiano IX et Maximiano VIII cons. (304). Mense Junio (29 giugno): III Kal. Jul. Petri in Catacumbas et Pauli Ostense, Tusco et Basso cons. (258). Mense Julio (10 luglio): VI id. Jul. Felicis et Filippi in Priscillae; et in Jordanorum Martialis, Vitalis, Alexandri; et in Maximi, Silani; hunc Silanum martyrem Novati furati sunt; et in Praetextati, januari. (30 luglio): III Kal. aug. Abdos et Sennes in Pontiani, quod est ad Ursum piliatum. Mense Augusto (6 agosto): VIII id. aug. Xysti in Calisti, et in Praetextati, Agapiti et Felicissimi. (8 agosto): VI id. aug. Secundi, Carpophori, Victorini et Severiani in Albano; et Ostense VII ballistaria, Cyriaci, Largi, Crescentiani, Memmiae, Julianae et Smaragdi. (9 agosto): III id. aug. Laurenti in Tiburtina. (13 agosto): id. aug. Ypoliti in Tiburtina et Pontiani in Calisti. (22 agosto): XI Kal. sept. Timotei, Ostense. (28 agosto): V Kal. sept. Hermetis in Bassillae, Salaria Vetere. Mense Septembre (5 settembre): Non. sept. Aconti in porto, et Nonni et Herculani et Taurini. (9 settembre): V id. sept. Gorgoni in Labicana. (11 settembre): III id. sept. Proti et Jacinti in Bassillae. (14 settembre): XVIII Kal. oct. Cypriani Africae, Romae celebratur in Calisti. (22 settembre): X Kal. oct. Bassillae, Salaria vetere, Diocletiano IX et Maximiano VIII cons. (304). Mense Octobre (14 ottobre): prid. id. oct. Calisti in via Aurelia, miliario III. Mense Novembre (9 novembre): V id. nov. Clementis, Semproniani, Claudi, Nicostrati in comitatum. (29 novembre): III Kal. dec. Saturnini in Trasonis. Mense Decembre (13 dicembre): id. dec. Ariston in Portum.

Il Cronografo contiene anche una depositio episcoporum perché ogni Chiesa locale teneva aggiornato l’elenco dei suoi vescovi per attestare la sua filiazione apostolica e dunque la sua legittimità. Anche per i vescovi era indicato il luogo di sepoltura perché il vescovo in carica potesse visitare alla data fissata la tomba del suo predecessore con una piccola delegazione di chierici e fedeli. Fra i vescovi, a partire dal secolo IV, si cominciò a onorare chi, pur non essendo stato martirizzato, aveva dimostrato di essere testimone del Cristo, ovvero «confessore». Questo termine, originariamente sinonimo di martire, era stato applicato nel secolo III ai cristiani imprigionati, condannati alla prigione perpetua o torturati per la loro fede, che tuttavia erano riusciti a sfuggire alla condanna. Poi fra il secolo IV e il VI assunse il significato di «martire bianco», ovvero di colui che aveva sacrificato la propria vita all’ascesi. Infine con il medioevo sarebbe stato sostituito da quello pagano di santo che in latino – sanctus – significava sacro, degno di religioso rispetto, accetto agli dèi. Era logico che anche i non martiri venissero venerati perché con l’età costantiniana erano tramontate le persecuzioni, e i fedeli avevano cominciato a onorare altre forme di testimonianza evangelica, come quelle dei Padri del deserto, degli asceti, dei fondatori del monachesimo, delle vergini o delle vedove che si erano consacrate al Cristo, e infine dei pastori che meglio avevano testimoniato la loro fede. Sicché a partire dal secolo V si fusero in un unico elenco martiri e confessori: nacquero i primi martirologi che, diversamente dai calendari, la cui funzione era di indicare i fasti locali delle varie Chiese, ordinavano nell’ordine dei giorni tutti i nomi dei santi appartenenti alla Chiesa universale che l’autore riusciva a conoscere. Il più antico pervenutoci è il cosiddetto Martirologio Geronimiano, attribuito erroneamente a san Girolamo. La copia, che risale al 592, fu compilata ad Auxerre, in Francia, ma l’originale, scritto nell’Italia settentrionale e perduto, doveva probabilmente risalire all’incirca alla metà del secolo V. Il Geronimiano aveva ricavato le notizie dal già citato Cronografo Filocaliano, da un martirologio siriaco del 411 (ispirato a sua volta a un martirologio greco redatto a Nicomedia nel 360 all’incirca), dal calendario di Cartagine, anch’esso del secolo V; e altre notizie l’estensore le aveva attinte dalle Chiese dell’Italia settentrionale, della Gallia, della Spagna e della Bretagna. Alla fine del secolo VI san Gregorio Magno ne conosceva l’esistenza perché scriveva a Eulogio, patriarca di Alessandria: «Riuniti in un sol libro, abbiamo i nomi di quasi tutti i martiri, con le loro passioni segnate a ogni giorno, e ogni giorno celebriamo messe in loro onore. In questo volume non è tuttavia indicata la forma della loro passione. Vi è soltanto il nome, il luogo e il giorno della morte» (49). Alla lacuna ovviò il monaco inglese Beda il Venerabile (morto nel 735) che all’inizio del secolo VIII compose un martirologio meno denso di nomi ma con una breve notizia per ciascuno, ricavata dagli acta, dalle Passiones martyrum e dalle successive leggende. Nascevano così i martirologi classici, fra i quali assunse maggiore autorità quello di Usuardo di Saint-Germain (865) che sarebbe stato letto per tutto il medioevo nei capitoli canonicali e nei monasteri, e si sarebbe arricchito via via di altre notizie. Questo testo, collazionato con quello di Beda e con un altro di Adone di Vienna (860), servì per la preparazione del Martirologio romano voluto da Gregorio XIII per mettere ordine nel gran guazzabuglio di date, spesso infondate o in contraddizione fra di loro. La prima edizione del Martirologio romano, che uscì con lettera ufficiale di Gregorio XIII nel 1584, non era tuttavia perfetta. Ne seguirono molte altre rivedute e corrette fino a quella di Benedetto XIV nel 1748 che è servita di base per le ristampe successive con l’aggiunta dei nuovi santi. Se il culto dei singoli martiri e santi risale ai primissimi secoli, a partire dalla fine del secolo IV si sentì in Oriente l’esigenza di celebrare tutti i santi, conosciuti o ignoti, in un’unica festa: la Chiesa siriaca durante il tempo pasquale, la bizantina la domenica successiva alla Pentecoste. A Roma la nascita di quella che sarebbe poi diventata la festa di Ognissanti risale invece al 13 maggio del 610, quando papa Bonifacio IV dedicò il Pantheon alla Vergine Maria e a tutti i martiri (Sancta Maria ad martyres). Successivamente si tentò di introdurre nella città anche la festa bizantina che cadeva la domenica successiva alla Pentecoste; ma la nuova data durò poco perché un’antica tradizione imponeva ai Romani il solenne digiuno delle Tempora che si concludeva con la veglia domenicale. Con il medioevo la festa franca del 1° novembre istituita nel secolo IX, come s’è detto, si estese a poco a poco dal regno franco agli altri paesi finché papa Sisto IV la rese obbligatoria per tutta la Chiesa occidentale. Ognissanti è considerata nel nuovo calendario liturgico una solennità, cioè fa parte delle feste più rilevanti perché secondo la costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II «nell’anniversario dei Santi la Chiesa proclama il mistero pasquale realizzato nei santi che hanno sofferto con Cristo e con Lui sono glorificati». Essi sono coloro che avendo assimilato il «modello» Cristo, avendo offerto la propria vita col martirio «rosso» (i martiri veri e propri) o con il «bianco» (gli asceti), partecipano ontologicamente della natura divina: attraverso la porta stretta della «grande tribolazione», come scrive Giovanni, hanno raggiunto la gioia della comunione, introdotti alla presenza inesprimibile e ineffabile di Dio. Lo contemplano nel suo mistero d’amore di Padre, Figlio e Spirito Santo (50). «Tutti stavano in piedi davanti al trono e all’Agnello,» è scritto nell’Apocalisse «avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani»: simboli di resurrezione, di vittoria sul male e di gloria.

Figli di Dio nel Figlio diventano canali di grazia nel corpo mistico del Redentore dove tutti sono lieti quando un membro è nella gioia e soffrono quand’egli soffre; e dunque, non potendo restare insensibili alle necessità spirituali dei fratelli, intercedono presso il Signore perché la grazia richiesta sia concessa. Tuttavia, come afferma la costituzione conciliare Lumen gentium a proposito della Santa per eccellenza, la Vergine soccorritrice e mediatrice, il ricorso a loro «va inteso in modo che nulla detragga o aggiunga alla dignità e all’efficacia di Cristo, unico mediatore» (51). Il 1° novembre, che celebra la morte di tutti i santi come giorno della loro «nascita», della loro vittoria, dell’assunzione nella comunione divina, ha cristianizzato il capo d’anno celtico non contraddicendone lo spirito perché, se si paragonano i santi ai chicchi di grano, scesi nella stagione autunnale nella terra per rinascere come piante in primavera, si possono comprendere meglio le parole che il Cristo disse ad Andrea e Filippo: «In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve il Padre lo onorerà» (52).

 Alfredo Cattabiani CALENDARIO Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno.  Rusconi Libri

 Libro di cui consigliamo vivamente la lettura e quindi l’acquisto. Un libro di carta non potrà mai sostituire una lettura su internet. 

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30 ottobre 2021

Visite guidate al Cimitero Monumentale in occasione delle festività di Ognissanti e dei Defunti

Come di consueto, in occasione delle festività di Tutti i Santi e dei Defunti,  la divulgatrice storica Roberta Galletta organizza tre giornate di visite guidate al Cimitero Monumentale di Civitavecchia di via Tarquinia. 

- Sabato 30 Ottobre dalle 15.00 alle 17.00
- Domenica 31 Ottobre dalle 10.30 alle 12.30
- Lunedì 1 novembre dalle 15.00 alle 17.00 

Le visite guidate, libere e gratuite, saranno un'occasione per poter vedere il Cimitero Monumentale con altri occhi attraverso la conoscenza della straordinaria storia delle principali tombe monumentali. 

Il ritrovo dei partecipanti, nel rispetto delle vigenti normative anti covid 19,  è previsto all'ingresso principale di via Tarquinia. Dopo  una ampia  visita l'esperienza si concluderà  davanti al Tempietto del Pernicoli.

Agli incontri sarà presente anche l'associazione Orme di Persefone che si sta adoperando da alcuni mesi per la tutela e la conoscenza del Cimitero Monumentale. 



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28 ottobre 2021

Il Milite Ignoto è cittadino onorario di Civitavecchia


E' officiale, oggi Civitavecchia ha conferito la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto. Un riconoscimento importante volto a rinsaldare la catena intergenerazionale tra i Caduti per la Patria della Prima Guerra Mondiale, le generazioni presenti e quelle avvenire. C14M

Davanti ad una platea di autorità militari, rappresentanti dei diversi corpi cittadini, associazioni combattentistiche e d’arma il Consiglio comunale ha conferito la cittadinanza onoraria al Milite ignoto, in occasione dei cento anni dalla scelta di Aquileia. Quello stesso giorno del 1921, infatti, undici bare identiche di caduti senza nome dai vari fronti italiani della Grande guerra furono riunite nel presbiterio della basilica di Aquileia alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni, di madri, vedove, mutilati ed ex combattenti. Venne designata Maria Bergamas, madre di un soldato caduto il cui corpo non era stato trovato, che scelse tra quelle undici la salma che avrebbe rappresentato simbolicamente tutti i caduti e dispersi in guerra. Le sacre Spoglie prescelte vennero poi portate a Roma con uno speciale convoglio ferroviario che attraversò l’Italia fino a Roma, ricevendo nel percorso gli onori dei picchetti militari e i saluti commossi di migliaia di persone che s’inginocchiarono al suo passaggio. Per questo, in occasione del Centenario della cerimonia solenne della sepoltura all’Altare della Patria, il “Gruppo Medaglie d’Oro al Valor Militare”, sostenuto dall’Anci, ha proposto il conferimento della Cittadinanza onoraria al Milite Ignoto in tutti i Comuni d’Italia.

Una decisione che Civitavecchia e tutto il suo consiglio comunale hanno sostenuto con convinzione, con l’impegno del sindaco Tedesco di intitolare, a breve, anche l’area dinnanzi al Monumento ai Caduti di piazzale degli Eroi proprio al Milite Ignoto, migliorandola allo stesso tempo dal punto di vista del decoro.

Le Associazioni Combattentistiche e d’Arma hanno quindi ringraziato il Sindaco e il Consiglio Comunale tutto per aver accolto la proposta e conferito la Cittadinanza Onoraria al Milite Ignoto. “Questo segno tangibile della comunità civitavecchiese – spiegano – ha assunto ancor più un significato simbolico, poiché l’atto amministrativo si è concretizzato nello stesso giorno in cui, nella Basilica Romana di Aquileia, furono scelti i resti mortali di quel Soldato che avrebbe rappresentato nei secoli futuri tutti i Soldati, i Marinai, i Carabinieri e i Finanzieri deceduti e dispersi senza nome”.

Al termine della cerimonia i presenti sono stati omaggiati, su volontà del presidente della Società Storica Civitavecchiese, del volume “Albo d’oro dei cittadini caduti, mutilati ed invalidi, premiati ed encomiati, nella guerra MCMXV-MCMXVIII”





Fonte: civonline.it

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18 ottobre 2021

IGNOTO MILITI: Le donne raccontano il Figlio d'Italia


In occasione del centenario della tumulazione, all'Altare della Patria a Roma, della Salma del Milite Ignoto, Idrovolante edizioni pubblica un libro molto particolare.

Intitolato “Ignoto Militi”, si tratta di una raccolta di scritti tutti firmati da autrici donne. “Perché se il Soldato Ignoto è un figlio d’Italia – si legge nella quarta di copertina – le donne ne sono le fidanzate, le mogli, le figlie, le mamme. Mamme come Maria Bergamas, che alla Patria donò la vita di suo figlio Antonio e che fu incaricata di scegliere, tra undici bare di caduti senza nome, quella che è stata portata al Vittoriano, a Roma. E che è ancora lì, a simboleggiare l'eternità del sacrificio di tanti giovani”.

Il corpus del volume è composto da quattordici racconti, “undici come le Salme tra le quali si scelse quella del Milite Ignoto più altre storie dell’Italia di ieri e di oggi, legate da qualcosa che trascende il tempo: l'amore per l'Italia” spiegano le curatrici Cristina Di Giorgi e Bianca Penna. Che aggiungono: “Questi racconti sono un omaggio alla vita, alla famiglia, alla Patria”.

Le donne che hanno firmato gli scritti di Ignoto Militi, ognuna con la sua sensibilità ed esperienza personale, hanno dato vita a un mosaico di storie tutte diverse ma unite da uno stesso sentire e dalla volontà di rendere omaggio a colui che continua a rappresentare il senso più profondo dell'italianità. Questi i loro nomi: Elena Barlozzari, Carla Isabella Elena Cace, Flaminia Camilletti, Elena Caracciolo, Giorgia Clementi e Aurora Dipalo, Sara De Angelis, Nadia Dell’Arco, Roberta Di Casimirro, Cristina Di Giorgi, Alina Di Mattia, Paola Frassinetti, Ines Pedretti, Bianca Penna, Caterina Rovere, Elena Donazzan e Giovanna Donazzan. 

Completato dalla prefazione di Isabella Rauti e dalla postfazione di Alessia Rosolen e arricchito da diverse appendici (tra le quali spicca quella firmata da Emanuele Merlino, presidente del Comitato 10 febbraio, che ha promosso la campagna di concessione al Milite Ignoto della cittadinanza onoraria in tutte le città d'Italia), il libro è per ora disponibile sul sito di Idrovolante edizioni (http://www.idrovolanteedizioni.it/libri/ignoto-militi) e sarà a breve distribuito nelle librerie di tutta Italia.

Per informazioni e contatti: cri.digiorgi@gmail.com; idrovolante.edizioni@gmail.com

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11 ottobre 2021

Civitavecchia in un acquarello del XIX secolo


Questo è un acquarello di Luigi Premazzi, un pittore milanese formatosi all'accademia di Brera. Fu un paesaggista affermato in Italia e in Russia dove si trasferì nel 1850. Il quadro qui raffigurato dovrebbe essere del 1871 ma a quell'epoca lui si era era già trasferito in Russia, a San Pietroburgo. Poiché molti suoi quadri ritraggono anche paesaggi mediorientali è probabile che durante uno di questi viaggi egli sia salpato o sbarcato a Civitavecchia dove ha ripreso questa veduta del vecchio porto.

Francesco Etna



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24 settembre 2021

2-3 Ottobre 2021 | Festival di Cultura Giapponese

 



Festival della Cultura Giapponese, a cura dell'Associazione Amici di Ishinomaki, si svolgerà il 2-3 ottobre 2021 presso la Cittadella della Musica, a Civitavecchia. 

Tutti gli eventi si svolgeranno presso la Cittadella della Musica è sarà imperativo essere muniti di greenpass e mascherina.

Gli stand allestiti nel giardino della Cittadella sono ad ingresso libero e gratuito.

L'inglresso alle mostre presso il foyer della Cittadella sono ad ingresso gratuito salvo essere muniti di mascherina e greenpass.

E' necessaria la prenotazione per gli eventi gratuiti, oltre a mascherina e greenpass.


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23 settembre 2021

25 settembre, Cittadella della Musica | Dante – il poeta che vide gli occhi di Dio


La Cittadella della Musica riapre i battenti con “Dante – il poeta che vide gli occhi di Dio” di Mario Camilletti. Sabato sera, a partire dalle 18, presso la sala Morricone si terrà lo spettacolo ideato da Camilletti per celebrare il grande poeta a 700 anni dalla sua morte. «Abbiamo – ha detto Camilletti – ricordare gli ultimi 20 anni della sua vita collegando musiche, suonate dal vivo, associabili a Dante come ad esempio Mozart o Bach, grazie al commento musicale di Sonia Turchi e Andrea Brunori». 

Camilletti ha voluto ringraziare l’amministrazione comunale e la Fondazione Cariciv per il supporto. Si tratta della prima di una serie di tappe che porteranno lo spettacolo prima a Tarquinia, domenica, e poi fuori dal comprensorio. 

Prenotazione obbligatoria allo 0766679621. Sono 90 in totale i posti messi a disposizione. 

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22 settembre 2021

Equinozio d'Autunno | La morte annuale della natura e il risveglio delle forze interiori


Arriva l’Autunno e la natura si tinge di giallo e di colori scuri. Inizia il periodo della frutta secca e, per molti animali, del letargo. Inizia il periodo della semina in agricoltura, momento in cui ci si chiude in sé stessi per mettere ordine, rettificarsi e potersi preparare ad un nuovo anno e, diciamolo pure, ad una vera e propria rinascita.

Questa morte esteriore, conseguenza dell’accorciamento delle giornate in seguito ad una particolare posizione del Sole rispetto alla Terra, in realtà, è solo apparente.

Il momento dell’Equinozio d’Autunno segna infatti l’inizio ben preciso di un periodo – che culminerà nel Solstizio d’Inverno – in cui l’Uomo che ha una Visione Tradizionale deve provarsi e dedicarsi agli aspetti più interiori della propria persona per affermare e forgiare la volontà di porsi obiettivi e perseguirli attraverso un lavoro specifico su se stesso.

Ciò significa combattere ed estirpare quei draghi che rendono la propria vita oziosa e borghese (egoismo, attaccamento alle proprie abitudini, ira, superbia,…) intensificando tutte quelle attività che spingono al raccoglimento ed all’analisi dei propri lati oscuri.

azionetradizionale.com

(www.centrostudilaruna.it). La morte annuale della natura e il risveglio delle forze interiori di volontà si bilanciano nell’Equinozio d’Autunno. Esso segna un’inversione di polarità nella manifestazione delle forze divine, che nei mesi precedenti si erano espresse principalmente nelle forme della natura, nella luce trionfante del giorno e che ora incominciano a pervadere la libera volontà dell’uomo. Quando la luce del mondo declina, l’uomo inizia a percepire sé stesso come portatore di una luce invisibile, non soggetta a tramonto. In tal senso il “dramma spirituale” dell’equinozio ricapitola e sintetizza la vicenda della storia sulla Terra: fine dell’età dell’oro, oscuramento del divino nella natura, sorgere dell’autocoscienza, senso individuale di solitudine cosmica e di responsabilità.

Quel sentimento di malinconia, suggerito dalle foglie che ingialliscono e cadono, deve essere energicamente bandito. La nostalgia del passato, il lamento “tradizionalista” non si addicono all’uomo nobile (all’arya”): egli sa che nel cosmo ciò che declina e muore è bilanciato secondo giustizia da ciò che sorge e si afferma. Nell’equinozio di autunno si celebra l’affermazione della volontà, la capacità “faustiana” di porsi obiettivi e di perseguirli.

L’elemento alchemico dell’autunno è il Ferro: al ferro materiale che ha forgiato la nostra civiltà tecno-industriale deve corrispondere il ferro spirituale della volontà, concretamente – e razionalmente – esercitata.

Gli Dei benedicono l’azione concreta, la volontà che si afferma in progetti ben definiti o che si volge alla formazione di sé (alla Bildung).

In autunno, gli spiriti di natura fanno ritorno alla Terra. Riaspirati alle radici del terreno si sottopongono alle forze della gravità. La festa d’estate svanisce, ma nell’animo dell’uomo libero non vi è spazio per la malinconia.

Quando la natura si spegne bisogna volgersi alla coscienza di sé. La festa dell’equinozio che apre l’autunno è la festa dell’autocoscienza forte e libera, è la festa dell’iniziativa piena di energia, della liberazione da ogni timore e da ogni condizionamento dell’animo. Quando la natura esteriore si spegne e la vegetazione appassisce, cresce in compenso tutto ciò che si lega all’iniziativa interiore. Forze di volontà si liberano, l’Anima del Mondo esorta l’individuo a diventare più coraggioso.

Nel giorno dell’equinozio si celebra la festa del forte volere. Al culmine dell’estate erano divenuti visibili i grandi stormi meteoritici che contengono il ferro cosmico. Quel ferro piovuto dal cielo in direzione della terra contiene l’arma degli Dei contro il drago-Ahrimane che vuole rubare agli uomini la luce animica, avvincendoli tra le sue spire. Allora il sangue umano si pervade di ferro: milioni di sfavillanti meteore turbinano nel sangue donando all’organismo l’energia per combattere ogni paura, ogni terrore, ogni forma degradante di odio. Come il volto dell’uomo quando corre diventa rosso vermiglio, così il corpo sottile dell’uomo irradiato di ferro cosmico comincia a emanare energia.

Nelle antiche mitologie ricorrono figure di divinità solari, giovani divinità dorate che abbattono un drago o un serpente che sale dalle viscere della terra. Quando le giornate di autunno si rabbuiano e si rinfrescano, quando cadono le foglie e le prime piogge, evoca nella fantasia queste figure divine mentre abbattono il drago: esse sono il simbolo della autocoscienza vittoriosa, che si sveglia dal sonno dell’estate, pronta a realizzare con decisione i propri obiettivi.

Si immagini il drago, il cui corpo è formato dalle correnti sulfuree che salgono dalla terra accaldata d’estate: queste correnti gialle e azzurrognole formano le squame, le placche, le spire del drago. Ma ecco sul drago librarsi il dio dal volto di sole: egli brandisce la spada, in una atmosfera satura di saettanti stormi meteoritici. In virtù della luce dorata irradiante dal cuore del dio le meteoriti si fondono in una spada di ferro, che penetra nel corpo dell’antico serpente e lo distrugge. Alimenta con l’immaginazione la corrente che scorre dalla testa verso l’organismo, verso il basso: come uno stormo di meteoriti dal cielo stellato piove sulla terra, così una cascata di energia si riversa dal capo al cuore e seguendo le vie del sangue giunge agli organi e agli arti. Ovviamente all’immaginazione deve accompagnarsi l’azione: se qualcosa è in disordine deve essere ordinato, se qualcosa era stato lasciato in sospeso ora deve essere portato a termine, se qualche timore irretisce il nostro animo bisogna mettersi alla prova e con accortezza superare il timore, se ancora qualche fede, qualche credenza domina l’anima è tempo di dissolverla con la forza della razionalità, se qualche malumore aveva offuscato il rapporto con una persona è tempo di chiarire le cose con cordialità e amore. Così, agendo con energia, si onora lo Spirito dell’Autunno, tanto simile all’Arcangelo Solare venerato dagli antichi Persiani.

Tutta la nostra civiltà è costruita col ferro. Da quando i nostri antenati irruppero da Nord sui loro carri di battaglia brandendo asce di ferro, la nostra civiltà ha trasformato il volto della terra battendo il ferro, forgiando l’acciaio. Si pensi agli aerei che sfrecciano in cielo, ai ponti sospesi tra le sponde, alle strade ferrate, alle grandi navi. Grazie all’elemento del ferro si afferma il dominio della tecnica. Ma ciò che sulla terra si manifesta come ferro, nell’interiorità dell’uomo si esprime come volontà. Per questo si dice: “volontà di ferro”.

Nell’aria dell’autunno, quando le piogge spazzano via la sensualità dell’estate, si compie un processo alchemico: Ferro scaccia Zolfo. La corrente di ferro, fredda e metallica, che piove dal cielo smorza la corrente sulfurea che era fuoriuscita dalle viscere della terra nei mesi caldi d’estate. Respirando la fresca aria dell’autunno l’uomo prende parte a questo processo. Bisogna percepire questa corrente alchemica e alimentarla con la volontà. La divinità solare dallo sguardo metallico, col suo gesto indicante accompagna l’uomo nel cambio di stagione.

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18 settembre 2021

Traianus Optimus Princeps | 18 settembre 53 - 2021 | In Memoriam


È difficile trovare negli annali un sovrano nei confronti del quale vi sia un giudizio unanime da parte degli storici, in positivo o in negativo. A tal proposito, decisamente un unicum é il caso di Marco Ulpio Traiano, celebrato nell’antichità come nel Medioevo fino ai nostri giorni come esempio di governante ideale. Egli é ricordato, anzitutto, nelle vesti di condottiero che portò l’Impero romano alla sua massima espansione, sconfiggendo i Parti a Oriente e sottomettendo i Daci oltre il Danubio. In secondo luogo, non mancò di dispensare giustizia con equità e rettitudine e da ultimo, come urbanista, affidò ad Apollodoro di Damasco la costruzione del complesso monumentale del Foro dove oggi si può ammirare la Colonna Traiana.

Regnante dal 98 al 117 d.C., Traiano era stato adottato dal suo predecessore Nerva, asceso al trono nell’anno 96 a seguito della deposizione di Domiziano, terzo ed ultimo esponente della prima dinastia flavia. Nel brevissimo periodo in cui detenne il potere, Nerva stesso regalò ai posteri la riforma più preziosa che ci si potesse attendere e che avrebbe garantito stabilità politica all’Impero per quasi cento anni, così facendo del II secolo il beatissimum saeculum, ovverosia l’epoca più felice che Roma avesse mai conosciuto, con frontiere sicure e pace interna. Alla successione per sangue, rivelatasi nel complesso disastrosa con le dinastie giulio – claudia e flavia, salvo i casi di Vespasiano e Tito, subentrò quella per merito, ragion per cui l’imperatore, quando era ancora in vita, avrebbe dovuto designare il successore tramite adozione e così fece giustappunto Nerva con Traiano il quale, peraltro, fu il primo Cesare ad essere nato non in Italia, ma in una provincia, per la precisione nell’odierna Spagna.

Oggi a Roma, in Via dei Fori Imperiali, é possibile ammirare quattro statue, raffiguranti rispettivamente Giulio Cesare, Augusto, Nerva e Traiano. Il primo, dictator a vita, con le sue conquiste, le sue riforme e persino con la sua morte accelerò la crisi o piuttosto la trasformazione della Repubblica, ormai troppo estesa sul piano territoriale e complessa su quello sociale e politico per essere retta dal solo Senato. Lo stesso appellativo di “Cesare”, trasfuso in “zar”, sarebbe stato adottato da Ivan il Terribile nel XV secolo a seguito della caduta di Costantinopoli, così facendo di Mosca simbolicamente la “terza Roma” ed adottando come vessillo proprio l’aquila bicipite degli imperatori bizantini. Più tardi ancora, nel 1871, unificata la Germania nel II Reich, il medesimo appellativo sarebbe stato utilizzato dall’imperatore tedesco, indicato per l’appunto come “kaiser”.

Quanto ad Augusto, Pater Patriae, orbene questi in quarant’anni di potere incontrastato assicurò la transizione dalla Repubblica all’Impero attraverso il Principato, realizzando altresì la prima vera unità d’Italia e costituendo all’uopo le basi etiche e spirituali della nostra nazione: nelle sue Res Gestae scolpite sono le parole “In mea verba tota Italia sponte sua iuravit”.

Nerva, come rammentato, ebbe l’arduo compito di prendere le redini dello Stato dopo l’infausto regno di Domiziano e nella sua lungimirante riforma sui criteri di successione al soglio imperiale affondano le radici i gloriosi anni di governo di Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio, esponenti della dinastia degli Antonini, traumaticamente interrotta dalla morte di Marco Aurelio stesso cui succedette il figlio Commodo.

Nelle biografie di diversi imperatori romani é possibile trovare esempi di atteggiamenti virtuosi, tanto nel pubblico quanto nel privato. D’altra parte, la peculiarità di Traiano é di aver eccelso in ogni ambito attinto dalla sua azione di governo. Della sua clementia e inclinazione al perdono si ha prova nel Canto X del Purgatorio dove il Sommo Poeta riporta l’aneddoto secondo cui Traiano, in procinto di andare in guerra, decise all’ultimo che non sarebbe partito prima di essersi pronunciato sulle rimostranze di una donna che disperatamente chiedeva giustizia per il figlio ucciso. Riferisce lo storico Cassio Dione che Traiano conducesse “personalmente i processi oggi nel Foro di Augusto, ora nel Portico di Livia, come era chiamato, o talvolta in qualsiasi altro tribunale” (Epitome, libro LXVIII, cap. 10). Sempre in contatto epistolare con Plinio il Giovane, governatore della Bitinia il quale chiedeva quale atteggiamento si dovesse adottare nei confronti dei cristiani, l’imperatore non inasprì le persecuzioni contro di loro e, anzi, raccomandò al suo sottoposto di non punire i seguaci di Cristo sulla base di semplici delazioni, ma solo di prove certe. Ammonito da taluni per via della sua troppa familiarità con il popolo cui era permesso addirittura accedere al palazzo per domandargli udienza, Traiano rispondeva sempre : “Tratto tutti come vorrei che l’imperatore trattasse me, se fossi un privato cittadino”. Sempre nella Divina Commedia, segnatamente nel Canto XX del Paradiso, suscita in Dante forte meraviglia che Traiano sia uno degli spiriti giusti che, nel Cielo di Giove, formano l’occhio della mistica aquila. Quest’ultima, allora, spiega all’Alighieri che, pur essendo stato pagano a differenza di Costantino, Traiano brillò in vita per senso di giustizia e di umanità, ragion per cui Papa Gregorio Magno con le preghiere ne aveva ottenuto la resurrezione per il tempo necessario a battezzarlo, facendolo così ascendere dal limbo al Paradiso. Da ultimo, a Washington, nella sala d’ingresso della Corte Suprema americana, in uno stupendo palazzo a forma di tempio neoclassico, la statua raffigurante la Giustizia ha proprio il volto di Traiano.

Oltre che giusto, fu anche uomo caritatevole, come si evince dalla Institutio Alimentaria, provvedimento da lui adottato nell’anno 103 a sostegno dei bambini più bisognosi che, soprattutto nelle campagne, soffrivano la penuria di cibo, dovuta peraltro anche alle ingenti risorse impiegate dallo Stato per finanziare la campagna quinquennale di conquista della Dacia contro re Decebalo, tra il 101 e il 106 d.C. La sottomissione di questa regione, corrispondente all’odierna Romania, portò il limes nord-orientale ben oltre il Danubio e, benché il dominio effettivo di Roma non sia andato oltre il III secolo, ancora oggi, fra gli stati dell’Europa orientale, la Romania é l’unico ove si parli una lingua neo-latina e nell’inno nazionale, composto nel 1848 durante la Primavera dei popoli, risuonano questi versi : «Ora o mai più mostriamo al mondo che in queste mani scorre un sangue romano e che nei nostri cuori noi conserviamo fieramente un nome che trionfò nelle battaglie, il nome di Traiano!”.

Inoltre, i proventi dei giacimenti d’oro di cui la Dacia era ricca consentirono all’imperatore di commissionare all’architetto Apollodoro di Damasco la costruzione di un Foro che da un lato celebrasse il suo trionfo e, dall’altro, coinvolgesse emotivamente il popolo, facendolo sentire parte anziché mero spettatore di quella grande vittoria. I templi, le biblioteche, i marmi lucenti, la Basilica Ulpia e la colossale statua equestre dell’imperatore posta al centro della piazza sono andati perduti e a testimonianza della grandezza dell’opera rimane solo la Colonna Traiana. Inaugurata nel 113, era dipinta con colori vivaci, la statua di Traiano stesso in bronzo dorato svettava sulla sommità e le sue ceneri erano riposte in un’urna collocata nel basamento della colonna. I colori sono stati cancellati dagli agenti atmosferici e dall’usura del tempo, al posto della statua di Traiano vi é quella di S. Pietro e l’urna con le ceneri dell’imperatore é andata perduta, probabilmente trafugata dai barbari in uno dei saccheggi del V secolo. Ciononostante, restano immutate la bellezza e la magnificenza di questo monumento i cui fregi e bassorilievi, dipanandosi a spirale attorno alla colonna, descrivono come una pellicola le fasi salienti delle due guerre che Traiano dovette combattere per sconfiggere i Daci, un nemico tanto valoroso ed ostinato.

Oltre le opere pubbliche costruite nell’Urbe, tra le quali si annoverano pure le terme e un nuovo acquedotto, l’optimus princeps si premurò di combattere la corruzione a livello amministrativo, ristabilì un rapporto di mutuo rispetto con il Senato affinché i padri coscritti dimenticassero i tempi bui di Domiziano e potenziò il sistema portuale dell’Impero. A tale riguardo, nella città portuale di Ancora può ancora ammirarsi, affacciato sul mare, l’Arco di Trionfo che l’imperatore fece ivi innalzare. A ciò si aggiunge una statua dell’optimus princeps, inaugurata sempre ad Ancona nel 1934 nell’ambito di un’operazione di propaganda del regime fascista e di Mussolini, intenzionato a riesumare i fasti della romanità per incrementare il suo consenso.

Dunque, Traiano fu giudice imparziale, legislatore, costruttore, conquistatore e semplice soldato che guidava i legionari in battaglia, condividendone le difficoltà e le privazioni le quali, a lungo andare, incisero sulla sua salute, portandolo alla morte, forse per emorragia cerebrale, poco più che sessantenne, nell’anno 117, di ritorno dalla sua vittoriosa campagna contro i Parti. Eterni nemici di Roma e poi dell’Impero bizantino, fino alla loro sottomissione da parte degli arabi musulmani nel VII secolo, i Persiani furono letteralmente travolti dalle armate di Traiano il quale strappò loro territori vitali, inglobandoli nelle nuove province di Armenia, Assiria e Mesopotamia, conquistando la capitale Ctesifonte e spingendosi fino al Golfo persico.

Dopo Traiano, solo un altro imperatore avrebbe tentato ad Oriente un’impresa tanto audace, ma con esito negativo: Flavio Claudio Giuliano o, com’è noto più comunemente, Giuliano l’Apostata, i cui sogni di conquista si infransero di fronte alle impenetrabili difese di Ctesifonte. D’altra parte, lo storico tardo-antico Ammiano Marcellino paragona Giuliano a Traiano per la sua preparazione bellica, Voltaire gli attribuisce tutte le qualità che furono proprie di Traiano stesso ed Edward Gibbon nella sua monumentale opera “Declino e caduta dell’Impero romano” cita entrambi gli imperatori come esempio da seguire per la loro oculata amministrazione degli affari di Stato.

In definitiva, Marco Ulpio Traiano si é guadagnato l’eterna gloria che ancora oggi gli é giustamente tributata poiché nel governare incarnò le virtù del vero capo, di questi tempi assai rare: giustizia, capacità di ascolto, lungimiranza, umiltà e coraggio.

Dr. Jacopo Bracciale


Fonte: www.renovatioimperii.org/

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16 settembre 2021

16 settembre 1870, l'ultimo giorno della Civitavecchia pontificia

ll 16 settembre 1870, quattro giorni prima della breccia di Porta Pia, le truppe guidate dal garibaldino Nino Bixio, occuparono Civitavecchia.
Finisce così il lungo periodo della Civitavecchia pontificia, iniziato il 728, dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e, tra controlli da parte dei feudatari romani, saccheggi saraceni e occupazione napoleonica, conclusosi per l'appunto solo nel 1870.

Come parte dello Stato Pontificio, Civitavecchia ha conosciuto la costruzione di grandi opere pubbliche quali, ricordiamolo, il ripristino dell'antico acquedotto di Traiano, lungo 35 km, il tratto di ferrovia Roma - Civitavecchia, le mura di Sangallo, le quattro torri di avvistamento lungo la costa (Chiaruccia, Marangone, Valdaliga e Bertalda), così come anche l'imponente arsenale del Bernini. Quest'ultimo offriva un supporto indispensabile per la flotta pontificia impegnata all'epoca nella lotta contro la pirateria e la politica espansionistica dell'Impero Ottomano. Durante il periodo papale, grazie a Papa Sisto V, venne istituita, inoltre, la flotta pontificia permanente di stanza a Civitavecchia nell'anno 1588, mentre la città fu dotata di acqua dalla sorgente di San Liborio. Sempre durante il periodo pontificio, su iniziativa di papa Giulio II fu avviata la costruzione del Forte Michelangelo, progettato dal Bramante e ai cui lavori ebbe a contribuire anche il grande Michelangelo. Nel XVII secolo, con papa Innocenzo XII, Civitavecchia divenne sede di governatore e capoluogo di provincia.


A testimonianza della considerazione di cui godeva la Civitavecchia pontificia, qui vennero inviati grandi architetti quali Antonio da Sangallo, padre e figlio, Vanvitelli, i già citati Michelangelo e Bramante, Bernini, e molti altri. Di qui passarono consoli quali Stendhal, e ambasciatori quali il samurai Hasekura Tsunenaga, il grande ricevimento di quest'ultimo e le ottime relazioni con lo Stato Pontificio rappresentando la base su cui ancora oggi ogni anno vengono celebrate le relazioni italo-nipponiche a livello locale.


Detto ciò, questo anniversario viene spesso ed erroneamente ricordato come una liberazione da una presupposta ”oscurantista occupazione clericale", rivestendo artificiosamente gli eventi del periodo risorgimentale di un carattere nazionale in maniera tale da occultare la tendenzialità sovvertitrice volta a imporre, per opera di pochi, l'ordine ideologico derivante dalla rivoluzione francese. Con questo non si vuole tuttavia misconoscere gli uomini ai quali, in buona fede e con il loro sacrificio, l'Italia deve la sua unificazione e indipendenza ma attirare l'attenzione verso le idee principali in funzione delle quali fu realizzato tutto ciò e le cui conseguenze degenerative continuano ad acutizzarsi tutt'oggi sotto i nostri occhi.  

Ritornando a Nino Bixio, pur partecipando egli alla Presa di Roma, per prevenire azioni derivanti dal suo dichiarato anticlericalismo, fu incaricato con la sua divisione ad espugnare Civitavecchia che capitolò con pochi scontri, dopo il seguente ultimatum:

« Ho dodicimila uomini di terra, dieci corazzate, cento cannoni sul mare. Per la resa non accordo un minuto di più di ventiquattro ore altrimenti domani mattina si chiederà dove fu Civitavecchia. »
(Nino Bixio, ultimatum alla fortezza di Civitavecchia, 15 settembre 1870)

Nino Bixio, che fu eletto Primo Sorvegliante della Loggia massonica Valle di Potenza di Macerata, fu anche colui che organizzò i "plebisciti" che sancirono l'annessione dell'Italia centro-meridionale al Regno di Sardegna guidato dai Savoia. 
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14 settembre 2021

700 anni dal trapasso di Dante Alighieri | In Memoriam | 14 settembre 1321 - 2021

Oggi cade l’anniversario del trapasso al mondo celeste del Sommo Poeta, Dante Alighieri 14/09/1321 – 14/09/2021


«L’AMOR CHE MOVE IL SOLE E L’ALTRE STELLE»

Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta,

dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che ’l mio viso in lei tutto era messo.

Qual è ’l geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’ elli indige,

tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l’imago al cerchio e come vi s’indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.

A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ’l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,

l’amor che move il sole e l’altre stelle.

Paradiso XXXIII, vv. 133-145

[Moebius reinterpreta Gustave Doré, Paradiso XXXIII]
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13 settembre 2021

26 - 27 settembre 2021, Terme di Traiano | VIII edizione di Terme in Fiore

 


Terme in Fiore, mostra mercato nazionale d’eccellenza, dedicata al giardinaggio e allo splendido “mondo” del vivaismo, torna con la VIII edizione sabato 25 e domenica 26 settembre 2021 al Parco Archeologico Terme di Traiano. La location, sito archeologico di importanza internazionale è la cornice ideale per ospitare degnamente un evento che celebra lo splendore delle essenze vegetali esposte, alcune delle quali rare e presentate per la prima volta Parteciperanno produttori di piante insolite e rare, produttori artigianali e alimentari di eccellenza selezionati accuratamente tra i migliori del panorama italiano.



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7 settembre 2021

Festa della Madonna delle Grazie


 

Domani, martedì 8 settembre, nella solennità della Natività della Beata Vergine Maria, la diocesi di Civitavecchia-Tarquinia festeggerà la Madonna della Grazie, sua patrona principale. A Civitavecchia verrà festeggiata la Madonna delle Grazie con la celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Ruzza in Cattedrale. Al termine è prevista la processione per le vie della città.

La celebrazioni offre l'occasione per portare un omaggio floreale dinnanzi alle edicole votive della città dedicate alla Santa Vergine Maria, come quella dell'archetto in piazza Leandra o nella piazza del ghetto. 

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