La nuova statua del bacio ci rappresenta nella memoria e nell'identità

Il posizionamento della statua “Il bacio della memoria di un porto” restituisce finalmente alla città un po’ di bellezza, di bontà e di giustizia

Incontro con il Sindaco per intitolare una piazza alle vittime dei bombardamenti

Il Comitato 14 Maggio ha avanzato una richiesta scritta di intitolare il piazzale compreso tra via Mazzini e Via Gorizia alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani

Anniversario della nascita dell'Optimus Princeps, il fondatore di Civitavecchia

Ogni nuovo Imperatore dopo Traiano veniva salutato dal Senato con l'augurio: possa tu essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano (Felicior Augusto, melior Traiano)

Recensione della nostra visita presso la Macchina del Tempo Civitavecchia

E’ una calda sera di agosto quella che ci vede, insieme ad alcuni simpatizzanti, in visita presso la Macchina del Tempo, progetto inedito a cura di Roberta Galletta, divulgatrice storica

14 maggio, Anniversario dei bombardamenti anglo-americani su Civitavecchia

Il Comitato ha deposto un omaggio floreale presso il Monumento alle Vittime civili dei Bombardamenti, partecipando alla cerimonia ufficiale insieme alle autorità locali per ricordare quanti hanno perso la vita durante la 1° incursione aerea alleata.

27 giugno 2022

Comunicato: Petizione popolare per la memoria e il decoro di Civitavecchia


Il Comitato 14 Maggio ha iniziato una petizione popolare volta a salvaguardare la memoria e il decoro di Civitavecchia messe a repentaglio dalla decisione dell’amministrazione locale di far ritornare la statua del marinaio americano, denominata “resa incondizionata” presso il Piazzale della Vita.

Facciamo appello a tutti i cittadini di buona volontà di firmare la petizione e di prendere posizione contro questa scellerata decisione dell’amministrazione che vuol far diventare il “brand” della città una statua totalmente aliena al patrimonio locale mentre risorse e iniziative legate al territorio e veramente di valore giacciono nel dimenticatoio.

La statua in questione, raffigurazione pop-art sullo sfondo della solenne Fortezza Giulia (Forte Michelangelo), oltre a rappresentare una caduta nel kitch, sollevando seri interrogativi paesaggistici, è uno schiaffo a l'inestimabile patrimonio locale che giace in attesa di essere valorizzato. Dopo aver perso gran parte della sua ricchezza architettonica sotto gli 87 bombardamenti anglo-americani è totalmente inspiegabile l’insistenza del Comune di Civitavecchia di far ritornare per la seconda volta, a spese dei contribuenti e in parte a carico di alcune aziende, tale statua che rappresenta l’aggressione angloamericana su Civitavecchia. Potremmo mai immaginare che l’icona della città di Kiev diventi un soldato russo? O della città di Dresda un pilota britannico? O di Hiroshima un pilota americano?

I cittadini dovrebbero attivarsi finché siamo ancora in tempo e di opporsi a questo modus operandi dell’amministrazione locale che senza dibattito decide di imporre quello che si vorrebbe far diventare il monumento iconico della città e il più rappresentativo.

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24 giugno 2022

24-26 giugno, Civitavecchia | Mostra artistica "Raccontami"


Lo spazio museale espositivo "La Memoria Ritrovata"  di Via Piave 3 ha il piacere di ospitare   da venerdì 24 Giugno 2022  a Domenica  26 Giugno 2022, la  mostra “Raccontami”, progetto ideato e realizzato da  Francesco Mauro che ha saputo coinvolgere i suoi  allievi e il fotografo Alessandro Nicolò nel  dare  forma e sostanza a racconti di vita narrati dal disegno con lavori di qualità raffinata.

Realizzati con la   ricerca attraverso  la doppia esposizione del soggetto e la sua storia, i lavori rappresentano un percorso artistico fatto di opere realizzate con penna a sfera che  raccontano la  storia di un ricordo, un sogno, un sentimento dell’artista che ha voluto condividere con la Città  questo progetto.

Grazie a Francesco Mauro e i suoi allievi per la splendida iniziativa di cui Civitavecchia ha davvero tanto bisogno.

Fonte: Roberta Galletta



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21 giugno 2022

21 giugno 1801 | Nasceva il grande incisore Luigi Calamatta

 


Luigi, Antonio, Giuseppe Calamatta nasce da Firmina Natali e da Francesco (o Vincenzo), ingegnere del porto di Civitavecchia. Luigi ha un fratello che si chiama Michelangelo. Due anni dopo la madre (11 maggio) e il padre (7 giugno) muoiono. Luigi è affidato allo zio. A 10 anni entra a pagamento nell'Ospizio Apostolico di San Michele di Roma, presentato dallo zio materno Giovanni Antonio (o Michele) Natali. Inizia a lavorare come lanaiolo ma, dopo una grave malattia agli occhi e accorgendosi i padri superiori della sua inclinazione, verrà spostato nella scuola di disegno del maestro Antonio Concioli. Nel 1814 esegue nell'Ospizio "Giuseppe e la moglie di Putifarre", presente nella Collezione Cialdi, disegno a matita nera, da un dipinto di Giangiacomo. Nel 1815 frequenta la scuola d'incisione di Antonio Ricciani. Esegue il suo Autoritratto, disegno a matita nera acquerellata e rialzi a tempera bianca, sempre nella Collezione Cialdi.

Il maestro Marchetti lo aiutò ad eseguire le prime opere, ma fu importante la sua esperienza di lavoro parigina ed anche il suo viaggio in Germania e nei Paesi Bassi effettuati dopo il 1822.

Nel 1840 sposò Josephine Raoul-Rochette, figlia di un noto archeologo francese dalla quale ebbe una figlia, Marcellina o Lina, che sposò Maurizio Dudevant, il figlio di George Sand.

Nel 1860 fu nominato direttore dell'Accademia di Brera a Milano per insegnare l'arte dell'incisione.

L'opera più conosciuta di Calamatta è il bulino tratto dalla Gioconda, che ricevette la medaglia d'oro nel 1855 all'Esposizione universale di Parigi. Alcune sue opere note, eseguite durante i suoi soggiorni italiani, sono le incisioni della Beatrice Cenci di Guido Reni e della Madonna della Seggiola di Raffaello; la Francia aveva una copia della Madonna della Seggiola, che restituì all'Italia del Regno nel 1863.

Nel 1857 Calamatta fu nominato membro dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon e l'anno dopo dell'Accademia di San Luca. Divenne anche Cavaliere onorario dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro di Firenze. Sono questi gli anni del suo rientro in Italia precisamente a Roma, dove il 9 di marzo 1858 depositò il suo brevetto per l'acciaiatura dei rami; nel mese di ottobre dello stesso anno impiantò l'acciaiatura del rame alla Camerale del Vaticano e donò con atto notarile la privativa della durata di 15 anni all'amico Pietro Mancion. Calamatta fu un notevole inventore. Come tutti gli incisori si interessò con profitto alla fotografia.

L'8 marzo 1869 morì a Milano nella sua abitazione di via Ciovasso n. 11. La salma fu tumulata nel Cimitero Monumentale di Milano l'11 marzo 1869. Il 27 agosto 1885 la salma venne trasferita al Comune di Civitavecchia, che ne aveva fatto richiesta al Comune di Milano.


Fonti:
- Da Rosalba Dinoia, Luigi Calamatta (1801-1869) incisore e patriota in Europa, 2012
- https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calamatta




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21 giugno | Solstizio d'estate


Al solstizio d’estate, quando il sole raggiunge la sua massima declinazione positiva (+23° 27′) rispetto all’equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso, comincia l’estate. L’evento era simboleggiato tradizionalmente dal matrimonio del Sole e della Luna: mezzogiorno del cosmo dove i due astri, uniti nelle nozze, spargono le loro energie nell’opulenza dei frutti tra il frinire delle solari cicale e il canto lunare dei grilli.

Questo giorno, la cui data è variata secondo i calendari fra il 19 e il 25 di gugno, era considerato nelle tradizioni precristiane un tempo sacro, ancora oggi celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giono dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la Natività di san Giovanni Battista. E’ una festa molto antica se già Agostino la ricorda nella Chiesa africana latina. Ma in Oriente veniva celebrata in altre date: il 7 gennaio tra i bizantini, la domenica prima di Natale in Siria e a Ravenna.

La data del 24 giugno è collegata strettamente al Natale romano: quando si fissò per la Natività del Cristo l’ottavo giorno dalle calende di gennaio, ovvero il 25 dicembre, e conseguentemente l’Annunciazione nove mesi prima, fu facile ricavare, basandosi sui Vangeli, la data della nascita del Battista, che in realtà non si sarebbe dovuta festeggiare perché, come è noto, il dies natalis dei santi è quello della morte. Si è giustificata questa eccezione ispirandosi al Vangelo di Matteo, dove si narra che il Cristo si mise a parlare di Giovanni alle folle dicendo: “egli è colui del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”.

Luca narra che Maria andò a visitare Elisabetta quando costei era al sesto mese di gravidanza, nei giorni successivi all’Annunziazione. Fu dunque facile fissare la solennità del Battista all’ottavo giorno dalle calende di luglio, sei mesi prima della nascita del Cristo.


San Giovanni “porta degli uomini”

Nella religione greca antica i due solstizi erano chiamati “porte”: “porta degli dei” l’invernale, “porta degli uomini” l’estivo. Nell’Odissea Omero descriveva il misterioso antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano due porte: “l’una rivolta a Borea, è la discesa degli uomini, l’altra, invece, che si rivolte a Noto è per gli dei e non la varcano gli uomini, ma è il cammino degli immortali”. Il poeta spiega che la porta degli uomini è rivolta a Borea, cioè a nord perché al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste; mentre quella degli dei e degli immortali è rivolta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.

I solstizi erano dunque simboli del passaggio o del confine tra il mondo dello spazio-tempo e lo stato dell’aspazialità e dell’atemporalità. Per la prima porta solstiziale, quella estiva, si entrava nel mondo della genesi della manifestazione individuale, per l’altra invece, si accedeva agli stati sopraindividuali.

In realtà questo simbolismo non era solo greco: “Si tratta di una conoscenza tradizionale” commenta Guénonche concerne una realtà di ordine iniziatico, e proprio in virtù del suo carattere tradizionale non ha né può avere alcuna origine cronologicamente assegnabile. Essa si trova dappertutto, al di fuori di ogni influenza greca, e in particolare nei testi vedici, che sono sicuramente di molto anteriori al pitagorismo; si tratta di un insegnamento tradizionale che si è trasmesso in modo continuo attraverso i secoli (…)”.

Nella tradizione romana il Custode delle porte, comprese le solstiziali, era il misterioso Ianus (Giano), signore dell’eternità. (…) Giano tiene un bastone, ovvero uno scettro, nella mano destra e una chiave nella sinistra. Il primo è un emblema del potere regale, la seconda di quello sacerdotale: insieme simboleggiano la funzione regale-sacerdotale del dio al quale Ovidio fa dire nei Fasti: “Io solo custodisco il vostro universo e il diritto di volgerlo sui cardini è tutto in mio potere”. Egli è dunque colui che ruota sulla sua terza facia nascosta e invisibile, l’asse del mondo, che rinvia al simbolismo solstiziale.

L’etimologia del suo nome rivela questa funzione: Ianus deriva dalla radice indoeuropea *y-a, da cui il sanscrito yana (via) e il latino ianua (porta). Egli è Colui che conduce da uno stato all’altro, e dunque anche l’Iniziatore. Per questo motivo gli iani avevano la funzione catartica di eliminare ogni impurità in chi vi passava. Nel cristianesimo Giano venne interpretato come l’immagine profetica del Cristo, Via e Signore dell’Eternità.

Brani dal libro “Calendario” di Alfredo Cattabiani

Fonte: Centro Studi La Runa (via Azione Tradizionale)
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14 giugno 2022

Civitavecchia - Storie private dei bombardamenti anglo-americani | La testimonianza di Anna De Rosa | Rubrica a cura di Sara Sansone

Fonte: OrticaWeb.it

La testimonianza di Anna De Rosa

di SARA SANSONE

È ancora possibile raccogliere con delicatezza diverse testimonianze dirette sugli anni atroci e difficili che furono quelli della Seconda Guerra Mondiale, e soprattutto circa la finestra di tempo durante la quale Civitavecchia stessa fu teatro di guerra.

Come mai Civitavecchia fu bombardata e divenne vittima di terribili bombardamenti?

È necessario sottolineare e fare una digressione sul ruolo di Civitavecchia nella fitta rete di interessi internazionali. La città portuale si è rivelata un tassello fondamentale della strategia ingannevole degli Alleati per permettere la messa in atto la Campagna d’Italia.

Civitavecchia fu bombardata dagli americani e non dai tedeschi, questo è un dato importante e da mettere sotto i riflettori perché in molti tendono ancora a confondere le dinamiche di quel triste 14 maggio 1943.

Gli alleati per disorientare i tedeschi attuarono un piano che ebbe il primo impulso con il ritrovamento a largo delle coste spagnole di un uomo chiamato Hillary, il cui cadavere, prelevato da un ospedale di Londra, fu vestito con l’uniforme di Maggiore Britannico e, fatto ancora più importante, gli furono messi in tasca dei documenti che attestavano il primo passo dell’invasione europea alleata in Sardegna.

L’attenzione tedesca fu rivolta così immediatamente verso l’isola e i porti di sbarco tra cui figurava anche Civitavecchia. In realtà i piani anglo-americani prevedevano l’inizio degli sbarchi con il cosiddetto Piano Husky, e dunque con lo sbarco in Sicilia, poi a salire con Salerno (operazione Avalanche) e Anzio (operazione Shingle, dopo l’armistizio italiano).

 Civitavecchia era ignara di ciò che stava per accadere quel 14 maggio. Nessuno sapeva che quel giorno la propria vita e il volto della città sarebbero cambiati per sempre. I civitavecchiesi non potevano immaginare che si sarebbe dovuto ricostruire tutto, raccogliendo con carriole cumuli di macerie, che avrebbero patito la fame e sarebbero dovuti fuggire cercando ospitalità tra Allumiere, Tolfa e Sutri.

Civitavecchia: il racconto di Anna De Rosa

Anna De Rosa aveva solo 10 anni. Era la secondogenita di una famiglia originaria di Torre del Greco, il cui papà aveva trovato lavoro al porto e sperando in un futuro migliore si erano trasferiti in città. In quegli anni a Torre del Greco non c’era lavoro e Civitavecchia era una città ricca di opportunità. Il Porto dava lavoro a tantissime persone che si trasferivano da ogni latitudine d’Italia e prevalentemente dal sud. Poi c’erano anche altre occupazioni tra cui la fabbrica del baccalà alla Darsena, la fabbrica della sambuca Molinari, il Cementificio che da solo dava lavoro a 600 persone.

Anna stava giocando insieme ai suoi fratelli davanti alla chiesa dei Cappuccini. Nel 1943 quella zona non era ancora completamente urbanizzata. La Caserma Giorgi era operativa ma attorno alla chiesa c’era una vasta zona di campagna, debolmente urbanizzata e da cui era – ed è ancora possibile – osservare la città dall’alto e in particolare il lungomare.
All’improvviso ci fu una grande confusione e dal cielo videro cadere le prime bombe. Anna, i suoi fratelli e gli altri bambini furono portati al riparo dentro alla chiesa dove, finiti i bombardamenti, i genitori spaventati andarono a cercarli. Il papà di Anna, Gabriele De Rosa, era senza scarpe, non aveva fatto in tempo a mettersele correndo via da casa per cercare i figli. La famiglia abitava in Piazzoletta dell’Olmo, vicina all’attuale Piazza Calamatta, dove fino al 1943 c’era il municipio comunale, raso al suolo dalle bombe.

Uno dei suoi fratellini non era con loro quando caddero le prime bombe. Due soldati incontrando il bambino, spaventato e confuso, gli raccomandarono di non muoversi da lì perché se si fosse spostato sarebbe stato più difficile trovare i suoi genitori.
Tra macerie, detriti, calcinacci e vetri di lampadine disseminati per strada, famiglie intere iniziarono a fuggire da Civitavecchia cercando riparo altrove.

C’era poco tempo per pensare e per farsi dominare dalla paura e dallo sgomento. Bisognava recuperare i pochi averi, i familiari e andare via. La famiglia De Rosa era numerosa e la più piccola della famiglia, Annunziatina De Rosa, aveva appena 40 giorni. Nella fuga quasi venne dimenticata nella mangiatoia dei cavalli, dove era stata messa da un’amica di famiglia in attesa che la mamma venisse a riprenderla.

Dopo essersi ritrovati iniziarono la fuga verso Allumiere. Tante famiglie furono accolte in collina, poche ebbero la possibilità di allontanarsi in auto sfruttando il traffico sparuto di Via Tarquinia o di salire sul treno tra le cui linee era ancora attiva la Civitavecchia-Capranica-Ancona, un collegamento importante allora come potrebbe esserlo ancora oggi se fosse ripristinato.
L’accoglienza collinare non fu sempre molto gentile. Dopo aver sistemato nelle scuole famiglie intere per i successivi due anni i problemi più frequenti erano legati all’alimentazione.
Tra persone oneste e disoneste, purtroppo primeggiavano quest’ultime che per una manciata di grano o di riso e un pezzettino di lardo o di pane chiedevano in cambio cappotti, oro, scarpe. Per poter mangiare durante le prime settimane barattarono il vestito del battesimo di Annunziatina.

Il papà, Gabriele, si era sottratto all’arruolamento e rischiava di essere fucilato. Insieme al figlio più grande scendevano in città per chiedere da mangiare ai soldati od ottenere oggetti da scambiare in paese con il cibo. A piedi da Civitavecchia ad Allumiere tornavano con un paio di secchielli di cibo, mischiato tra marmellata, sugo, frutta e tutto ciò che riuscivano ad arrabattare.
L’acqua per fortuna non si doveva pagare. Vicino alla scuola di Allumiere dove erano ospitati gli sfollati, chiamati anche sfondati nel gergo locale, dove ora c’è un parco e un monumento, c’erano gli abbeveratoi per i cavalli che furono usati non solo per approvvigionarsi l’acqua ma anche per lavarsi e lavare i vestiti.

Quando finì la guerra e poterono tornare a Civitavecchia dovettero affrontare come tante altre famiglie nuove difficoltà. Tra queste c’era il procurarsi un tetto sotto cui stare.
L’80% delle abitazioni era stato raso al suolo. Anna ricorda bene che solo due dei quattro muri di casa sua erano rimasti in piedi e che a causa di ciò lo Stato non diede alla sua famiglia neppure l’indennità di guerra che in ogni caso era gran poco per ricostruirsi una vita.
L’unico modo per avere una casa all’inizio, prima che furono costruite le case popolari che nella maggior parte dei casi dovevano ospitare sotto lo stesso tetto due o più famiglie, era l’occupazione. Ogni casa occupata veniva segnalata con dei fogli di carta con su scritto “occupato dalla famiglia..”.
Furono anni estremamente difficili, durante i quali fu ricostruito tutto molto lentamente e poco a poco tornò ad attivarsi il mercato lavorativo. Gabriele De Rosa per molti anni fece il pescatore e per tirare su qualche lira in più vendeva il sale ricavato dall’acqua marina agli allumieraschi che lo utilizzavano per condire la carne di maiale.
Fino al 1946 qualche soldato americano continuò ad essere di base a Civitavecchia e le famiglie con ragazze giovani o donne nubili avevano paura delle violenze sessuali che spesso subivano dai soldati.

Anna ha raccontato la sua testimonianza con il desiderio che venga letta soprattutto da chi ancora oggi vuole la guerra, affinché possa capire il dolore provato dalle famiglie in quegli anni.

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13 giugno 2022

13 giugno 1864, Veniva posta la prima pietra della Chiesa dei Santi Martiri Giapponesi


13 giugno 1864 viene posta la prima pietra della chiesa dedicata ai Santi Martiri Giapponesi da parte dei Frati Minori, vescovo è Camillo Bisleti. La consacrazione avviene il 13 giugno del 1872 per mano del vescovo Francesco Gandolfi. La piazza antistante la chiesa viene ornata nel novembre del 1933 del monumento al Poverello d'Assisi, opera dello scultore di Allumiere Giuseppe Cozzi. Con decreto del 2 febbraio 1937 il vescovo Drago eleva la chiesa a parrocchia, affidandole la cura delle anime a sud della città fino al confine con la Diocesi di Porto e Santa Rufina. Il 26 agosto 1937 la parrocchia viene riconosciuta giuridicamente dallo Stato. Il 31 ottobre 1937, alla presenza del vescovo Drago, la cura delle anime è affidata al primo parroco, padre Alberto Puglielli. Nel gennaio del 1951, il pittore giapponese Lucas Hasegawa inizia la decorazione della chiesa, inaugurata ufficialmente nel 1954 e conclusa nel 1957.



Da mons. Italo Benignetti, Storia della Chiesa in Civitavecchia, 1979. 


Fonte: Almanacco Storico Civitavecchiese via gruppo FB "L'Osteria della Memoria - Società Storica Civitavecchiese", a cura di Gigi Veleno.





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Roberta Galletta: La statua del bacio, scelta da chi non sa cosa sia la Memoria e l'Identità di una Comunità

Ogni città nel proprio piccolo cerca, per essere attraente e migliorarsi, di amare e promuovere tutto ciò che di bello e di buono ha nella sua cultura  e nella sua storia, nei suoi prodotti tipici, nel clima  e nelle sue risorse naturali, nella capacità della sua comunità di creare bellezza e armonia per rendere migliore la qualità della vita dei suoi cittadini. 

La nostra Civitavecchia racconta nel suo grandioso Porto Storico, nei suoi vicoli e nelle sue piazze, nei suoi siti archeologici, nelle Terme Taurine e nel Museo, i suoi oltre duemila anni di storia e i personaggi che le hanno lasciato evidenti prove della loro opera e del loro ingegno,  come Donato Bramante e Antonio  Sangallo che costruiscono la Fortezza Giulia, Leonardo da Vinci che studia il suo porto e Gianlorenzo Bernini che prende spunto dal bacino portuale per realizzare il colonnato di San  Pietro, solo per restare tra il 1500 e il 1600.

O come tre dei suoi figli migliori, l'incisore Luigi Calamatta, il Comandante della Marina Pontificia Alessandro Cialdi e lo studioso e storico Padre Alberto Guglielmotti autore conosciuto di studi sul mare e  della colossale storia della Marina Pontificia.

I nostri attuali amministratori però hanno  scelto  per un altro racconto, facendo un ottimo affare. Non certo però per la nostra comunità. 

Perché hanno deciso, senza un dibattito, una discussione pubblica, di affittare per un anno  la  statua del bacio, tra l'altro gravemente danneggiata e vecchia di oltre dieci anni come si può vedere nelle immagini scattate nel 2014, per un costo di 35.000  euro, più del valore della statua stessa, come leggete nel messaggio di un gallerista di Roma, di cui esistono già tre copie al mondo, dando un calcio alla nostra identità e alla nostra memoria, visto che non rappresenta nulla della nostra città, ma anzi la vittoria degli americani sul Giappone  che se pur hanno liberato l'Italia  dal  nazifascismo, ci hanno però bombardato insieme agli inglesi 89 volte nel corso di un intero  anno, dal 1943 al 1944. Uno schiaffo alla  Storia di Civitavecchia e alla sua identità

Cosa potremo fare in alternativa?

Intanto aprire un dibattito pubblico, una democratica discussione su cosa possa rappresentare degnamente  la nostra Civitavecchia invece di  subire l' imposizione, per ancora non chiari motivi, di una statua, tra altro anche gravemente  danneggiata, come potete vedere dalle immagini scattate nell'estate del 2014, ricordando che potremmo  mostrare la storia che ci accompagna da sempre.

E soprattutto pensare a spendere 35.000 euro  per la Cultura, quella vera, che aspetta da anni di essere solo riscoperta, valorizzata e divulgata.

Vi aiuto pure. Da domani farò l' elenco delle cose se si possono finanziare con quei soldi. Così avrete   il lavoro già fatto. A costa zero.

Perché se da quasi dieci anni una minima parte della città  crede che la Cultura sia da tutt'altra parte e che il suo simbolo sia nella gigantesca statua del bacio o addirittura che possa essere veramente la vera attrazione turistica della nostra città allora non stiamo messi mica tanto bene. Perché così si mortifica tutto il nostro patrimonio archeologico e  culturale e si buttano via anni e anni di studi, di ricerche e di lavoro per valorizzarlo e promuoverlo come ogni città evoluta fa nel mondo.

 Da noi basterebbe mettere una statua di  artisti come Leonardo, Bramante, Sangallo che hanno realizzato imponenti opere architettoniche  a Civitavecchia. Allora si che la città crescere be è tutti ne trarre mo vantaggio. 

Ma davvero  credete che il rilancio della Cultura,  del Turismo e del Commercio possa passare dalla
Marina dove si affaccia da oltre 500 anni la Fortezza Giulia, offesa dalla presenza della ruota panoramica e dei calci in culo?

Davvero  fareste fare  la foto ricordo ai vostri figli sotto una statua così malandata e pericolosa? 

E anche se fosse stata riparata nel frattempo sareste così sicuri della sua  tenuta?

Il Sindaco di Civitavecchia, la sua maggioranza e anche l'opposizione se la sentono di prendersi questa immensa, pari alla statua, responsabilità?

Ma veramente?

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Comitato 10 Febbraio

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Movimento per la Vita - Civitavecchia