La nuova statua del bacio ci rappresenta nella memoria e nell'identità

Il posizionamento della statua “Il bacio della memoria di un porto” restituisce finalmente alla città un po’ di bellezza, di bontà e di giustizia

Incontro con il Sindaco per intitolare una piazza alle vittime dei bombardamenti

Il Comitato 14 Maggio ha avanzato una richiesta scritta di intitolare il piazzale compreso tra via Mazzini e Via Gorizia alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani

Anniversario della nascita dell'Optimus Princeps, il fondatore di Civitavecchia

Ogni nuovo Imperatore dopo Traiano veniva salutato dal Senato con l'augurio: possa tu essere più fortunato di Augusto e migliore di Traiano (Felicior Augusto, melior Traiano)

Recensione della nostra visita presso la Macchina del Tempo Civitavecchia

E’ una calda sera di agosto quella che ci vede, insieme ad alcuni simpatizzanti, in visita presso la Macchina del Tempo, progetto inedito a cura di Roberta Galletta, divulgatrice storica

14 maggio, Anniversario dei bombardamenti anglo-americani su Civitavecchia

Il Comitato ha deposto un omaggio floreale presso il Monumento alle Vittime civili dei Bombardamenti, partecipando alla cerimonia ufficiale insieme alle autorità locali per ricordare quanti hanno perso la vita durante la 1° incursione aerea alleata.

15 novembre 2020

Conoscere il cielo

 


«Strano come la gente conosca poco il cielo. Esso è la parte del creato in cui la natura ha espresso meglio che altrove il suo evidente proposito di ricreare l’uomo, di parlare al suo spirito, di educarlo. Ed è appunto la parte educativa che conosciamo meno. Qualunque persona, dovunque situata e comunque lontana da ogni altra fonte di attrazione o di bellezza, ha questo almeno in qualsiasi momento: il cielo. 

I più nobili miracoli della terra possono essere visti e conosciuti da pochi, né uno è destinato a vivere in mezzo a essi continuamente; cesserebbe di sentirli se li avesse sempre davanti agli occhi. Ma il cielo è per tutti, il cielo è eminentemente adatto in tutte le sue funzioni a confortare ed esaltare i cuori, a blandirli e liberarli dalle loro impurità. 

Talvolta dolce, talaltra capriccioso e anche triste, non mai identico per due momenti consecutivi, sempre umano nelle sue passioni, sempre spirituale nella sua tenerezza, sempre divino nella sua infinità e grandezza. Il suo appello a quanto è in noi immortale è così evidente, come è essenziale il suo ufficio di castigare o ferire quanto vi è di mortale.»

John Ruskin


Fonte: heliodromos.it

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13 novembre 2020

Raro acquarello dell'arsenale Bernini in costruzione


In questo particolare di un disegno acquarellato del pittore Peter van der Ulft, si vede chiaramente come questo artista olandese sia riuscito a documentare l’arsenale proprio quando era in costruzione. Il disegno è abbastanza preciso nel ritrarre la città nella seconda metà del 1600. L’arsenale stava cominciando a delineare la sua forma con la prima coppia di navate dal lato del Forte. Si vedono le impalcature e gli operai intenti a coprire già il tetto. La prima pietra era stata posta il 26 Novembre 1659. Come si sa il Bernini fu il geniale autore del progetto, scaturito da vari accordi tra l’architetto, il Papa Alessandro VII che lo aveva voluto i Chigi e il diretto interessato Giovanni Bichi, priore dell’ordinde di Malta e luogotenente generale delle galere pontificie. Dopo la posa della prima pietra a dirigere il cantiere durante tutta la costruzione fu Carlo Fontana, allievo e collaboratore del Bernini che stilò di persona gli elaborati progettuali. Luigi Cerruti fu invece colui che disegnò la vista dall'alto dell'arsenale in costruzione e quella frontale definitiva nelle sue linee geometriche essenziali costituite dal prospetto anteriore e dalle arcate interne delle navate allineate lungo le linee che si dipartono dal punto di vista dell’osservatore verso i tre punti di fuga al centro delle tre coppie di navate divergenti. Nelle immagini qui sotto sulla destra si vedono, forse dello stesso Bernini ma più probabilmente del Fontana o del Cerruti, la vista a volo d’uccello della città e altri disegni, della mappa dell’arsenale e della sezione di una navata. Questi disegni sono conservati nel castello di Windsor a Londra.

Fonte: Francesco Etna

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11 novembre 2020

Setaccia l'oro, togli la terra (tratto da Enneadi, Plotino)


(tratto da PLOTINO, ENNEADI V, 9, 1, traduzione di R. Radice, Mondadori)

Prendiamo, ad esempio, un’Anima brutta, cioè dissoluta, ingiusta, piena di ogni sorta di brame, preda dell’angoscia, paurosa per vigliaccheria, invidiosa per meschinità, preoccupata di tutto, purché sia effimero e volgare, mai lineare, amica di piaceri impuri, coinvolta in una vita di passioni corporee, quasi attingendo da esse un piacere indecente.

Non diremo allora che tutta questa vergogna le viene come un male aggiunto, una sozzura che l’imbratta, la rende impura, la “impasta” con un gran male: insomma, che la priva della vita e dell’autentica sensibilità?

E non è la sua una vita oscura per la coesistenza col male, una vita partecipe per molti aspetti della morte, che non guarda più a quello a cui un’Anima dovrebbe mirare, che non è più capace di concentrarsi su se stessa,  perché è sempre tratta verso l’esteriorità, ossia verso l’abisso e le tenebre?

Direi che la sua impurità dipende dal fatto d’essere ogni volta in balia degli eventi sensibili, per cui, a motivo dell’intima connessione col corpo, non può fare a meno di raccogliere e assimilare in grande quantità la natura materiale, con questo assorbendo una forma diversa, a causa della sua fusione con la parte peggiore.

È come se uno, per il fatto di essere sprofondato nel fango o nella melma, non potesse più fare sfoggio della propria bellezza, ma solo questo esibisse, ossia la sua impronta impressa nel fango e nella melma. Certo, la bruttezza gli è venuta da fuori, da qualcosa di estraneo, ma se vuole ridiventare bello, deve faticare non poco per lavarsi e ripulirsi al fine di tornare a essere quello che era.

Allora non sbaglieremo a sostenere che un’Anima brutta è tale per la mescolanza e la fusione col corpo, e anche per l’attrazione che prova nei suoi confronti e nei riguardi della materia.

Ora, in riferimento all’Anima, la bruttezza consiste nell’essere impura e contaminata, quasi fosse oro sporco di terra; è pur vero, però, che se si toglie la terra, rimane l’oro, che è bello quando è raffinato dalle scorie e ridotto a se stesso.

Non diversamente, anche l’Anima, una volta isolatasi dai desideri che l’affliggono a causa del corpo con il quale ha ancora troppo in comune, finalmente sola, depone completamente la bruttezza che derivava da una natura estranea, sbarazzandosi dalle altre passioni e purificandosi dai caratteri corporei che aveva acquisito.

(via azionetradizionale.com)

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9 novembre 2020

Lettera aperta al Sindaco Tedesco per intitolare una piazza alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani



Egr. Sig. Sindaco, il sottoscritto Comitato si rivolge a Lei, perché voglia considerare l’iniziativa di denominare l’area antistante il Monumento alle Vittime dei Bombardamenti, sito tra Via Gorizia e Via Mazzini, “Largo Caduti del 14 Maggio 1943”. 

La denominazione di uno spazio dedicato alle vittime civili che perirono nei bombardamenti anglo-americani, a partire dal 14 maggio 1943, era già presente fino a una ventina di anni fa tra  via Mazzini e Via Giusti,  quando la costruzione di un edificio sulla medesima area ha di fatto cancellato lo spiazzo. 

L’accordo siglato nel dicembre 2018 tra il Comune e la Curia Vescovile, quest’ultima proprietaria dell’area antistante il Monumento, grazie al quale si è reso pedonale lo spazio in questione, liberandolo da anni di incuria e di parcheggio selvaggio, offre l’opportunità non solo di restituire alla cittadinanza la denominazione toponomastica dedicata alle vittime dei bombardamenti ma anche di valorizzare la funzione di quel luogo parte del significato stesso del monumento.

Siamo convinti che il Monumento alle Vittime dei Bombardamenti dovrebbe essere, per la sua importanza, generatore di centralità per la Città, presupposto di riconoscibilità per lo spirito comunitario, cuore simbolico e formale della comunità;

Ci rivolgiamo dunque a Lei Sig. Sindaco, perché venga istituito il Largo “Caduti 14 maggio 1943” nell’area antistante al Monumento alle Vittime dei Bombardamenti.

Grazie alla nuova denominazione lo spazio vedrebbe aumentare l’importanza del luogo, parte del significato stesso del monumento, oltre che a ricordare alla cittadinanza una data importantissima per la storia di Civitavecchia. 

Il direttivo del Comitato 14 Maggio
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2 novembre 2020

L'importanza dell'archetipo della morte – Riflessioni intorno al 2 Novembre

Conosco ragazzini che per anni, fin quasi all’adolescenza, hanno ignorato il nome della propria nonna o nonno. E cosa avrebbero fatto di così scandaloso i nonni per essere colpiti da una tale ‘dannatio memoriae’ in altri tempi destinata ai sovrani più empi e maledetti? Semplice: erano morti.

Il terrore della morte. La tanato-fobia. Il nipotino NON deve sapere che il nonno è morto, non deve sapere che esiste la morte: dobbiamo al contrario titillare il suo ‘senso infantile d’onnipotenza’ che da grande lo porterà a crollare a terra di fronte alla prima difficoltà, al primo limite che il Reale imporrà alla sua esistenza.

Eppure, è largamente dimostrato che non esiste società tendenzialmente più depressa di quella che cerca in tutte le maniere di ‘ignorare la morte’. Perché il risultato del terrore della morte è, quasi sempre, che la morte dominerà la vita, invaderà con la sua ombra ogni istante, spingerà gli esseri verso quello che, giustamente, qualcuno chiamava ‘l’edonismo disperato’, il tentativo goffo di affogare nell’ebbrezza più scomposta il senso di precarietà. Sarà questa anche una società di schiavi, facilmente pilotabile, essenzialmente passiva.

CONTEMPLARE LA MORTE: é una costante dell’uomo vero, dell’uomo sacro.

Certe pratiche tradizionali riguardanti la morte, che al giorno d’oggi appaiono ai nostri terrorizzati contemporanei come inopportune e ‘tristi’, attingono la loro ragion d’essere dalla necessità di prendere virilmente atto della morte e quindi della provvisorietà e dell’impermanenza delle realtà grossolane. Questo, ad esempio, era il senso della ‘contemplazione del cadavere’, praticata un tempo da alcuni ordini cristiani ma anche da certe vie buddhiste la quale, al netto di certe esagerazioni e bizzarrie ‘barocche’, aveva lo scopo di ‘purificare’ (è la stessa funzione del teatro tragico presso i Greci) dalle ‘angosce della morte’.

Un tempo, il 2 Novembre, le famiglie con tanto di piccolini a seguito andavano al cimitero a ‘trovare i loro morti’. Questa tradizione, sia chiaro, non serviva affatto ‘ai morti’ – i quali NON stanno nei cimiteri, se non in qualche loro esile prolungamento psichico e che avrebbero, piuttosto, bisogno di preghiere, di riti che di fiorellini – ma serviva ai vivi.

Oggi non lo si fa più; oggi si cambia strada in macchina se passa un carro funebre. E così l’angoscia e l’insicurezza cresceranno, esattamente come un cane che ti corre dietro in sogno e che tu ti illudi di poter fuggire. Perché, in definitiva, il problema che la morte pone agli esseri è uno solo: chi non la vince (la morte) – e non ne prende coscienza – è destinato indefinitamente a morire. “Passa di morte in morte, l’essere che non riconosce in questo istante il Principio Supremo” Upanishàd). “Quante volte sei già morto perché non hai voluto accettare la morte?” (cit. un monaco del Monte Athos).

P.S.

Collegato a questo ‘terrore della morte’ vi è anche la pseudo-religiosità stucchevole del “salvi tutti”. Quando il nonno trapassa, se vuoi addolcire la pillola al nipotino, gli dirai che “è andato da Dio”. Sicuramente, indiscutibilmente. Adesso E’ FELICE. Addirittura …sta con gli Angeli (però! Ha raggiunto stati che pochissimi santi raggiungono. Forte il nonno!). Persino, “è in Dio” (però! E’ giunto alla perfetta Divinizzazione).

E’ la religione terminale del mondo contemporaneo: tutti atei – de facto – in vita, tutti Beati post-mortem. Come se il passaggio della morte, di per sé, potesse mutare la condizione spirituale di un’anima, rendere ‘santi ipso facto’.

Ora – parlo un linguaggio multiconfessionale perché so di parlare ad un pubblico multiconfessionale – mi sapete indicare, per cortesia, quale tra le Religioni e Tradizioni spirituali d’Oriente o d’Occidente ha mai promesso il Paradiso, l’Eden, la Terra di Luce, il Brahma-Loka, i Campi Elisi a tutti i defunti indiscriminatamente?

E mi dite, per cortesia, quale ‘spirito religioso e misericordioso’ – oggi ce ne sono tanti in giro, e non sono né misericordiosi né tantomeno religiosi – ha cancellato gli Inferni e persino le purificazioni dello Stato Intermedio (Purgatorio, Dogane aeree, Barzakh, Amduat, chiamatele come volete), per democratizzare il post-mortem? Crediamo davvero che sia possibile, a botte di moderna faciloneria, cancellare ciò che noi siamo (perché è da ciò che noi siamo che nasce ciò che saremo)?

Gianluca Marletta


Fonte: aurhelio.it

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Comitato 10 Febbraio

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