3 giugno 2017

Consigli di lettura | Eneide - L'eroe alla prova d'amore

Civitavecchia vanta l'onore di poter dire che sulle proprie coste, alla foce del Mignone per l'esattezza, è sbarcato #Enea, il principe troiano dalla cui stirpe è scaturita Roma. Un motivo in più, dunque, per approfondire gli insegnamenti immortali trasmessoci da Virgilio. (Comitato 14 Maggio)

Questo scritto è l’elaborazione di un incontro tenuto da Mario Polia presso i locali del Centro Studi Raido, nell’ambito del ciclo di approfondimenti «Radici Profonde». L’autore ci conduce in un viaggio alla scoperta della Romanità celebrata nell’Eneide, il poema di Virgilio composto durante la rinnovazione augustea.

Al centro della vicenda è Enea, il pius ovvero colui che incarna la Pietas, virtù per eccellenza del futuro Vir romano. Si tratta del «sentimento del dovere» verso gli Dei, verso gli antenati, verso la discendenza.

Diversi aspetti di un’unica virtù, espressi nell’immagine della fuga da Troia, che vede Enea, con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio tenuto per mano, mentre salva i sacra e il Palladio. Enea, figlio di Venere, si allontana dalla Patria in fiamme in aderenza alla missione affidatagli dagli Dei: rifondare una nuova Ilio nel Lazio, dove insediare e custodire i Penati, e dare origine a una discendenza regale.

Da tale stirpe di origine divina, sarebbe nata Rea Silvia, la quale, unita al dio Marte, avrebbe dato vita all’eroe fondatore – Romolo – della nuova città – Roma – a cui Giove avrebbe concesso imperium sine fine.

L’immagine della fuga da Troia rievoca anche il significato originario di Tradizione: trasmissione e continuità di una eredità essenzialmente spirituale. Al vecchio Anchise, infatti, Enea affida il Palladio che, portato a Lavinio, e quindi a Roma, farà parte dei pignora imperii, garanzia della forza dall’alto su cui si poggerà, nei secoli, l’Impero.

Durante il lungo viaggio, Enea è costretto a confrontarsi con le proprie debolezze, che ostacolano il compimento della Volontà divina. Qui riaffiora il messaggio eterno dell’Eneide e della Romanità: l’eroe non è ancora un dio, ma un uomo, con debolezze e difetti, capace però con la Volontà di superare gli uni e gli altri. Solo tale Volontà, orientata ai Princìpi di Onore, Fedeltà, Coraggio e Sacrificio («fare il sacro», da sacrum facere), permette di trascendere la natura semplicemente umana.

In quest’ottica, Mario Polia ci presenta l’episodio dell’amore passionale tra Enea e Didone, regina di Cartagine, di cui l’eroe – ivi giunto nel lungo percorso verso l’Italia – dimentico della sua missione, si innamora distraendosi dal suo dovere. Occorreranno le dure parole di Mercurio, messaggero del Padre degli Dei, per risvegliare Enea dal sogno e richiamarlo al compito fatale a lui assegnato. L’eroe, lacerato nell’animo dalla passione, ma con la mente ferma al dovere, rompe gli indugi e salpa alla volta del Lazio, gettando Didone – vinta dal tormento – nella disperazione che la condurrà al suicidio.

Lo struggente episodio mostra come l’essere umano, davanti alla forza travolgente delle passioni, possa scegliere di cedervi, oppure, rivendicando una superiore libertà da queste, di dominarle.

L’esempio luminoso di Enea irradia chi, a distanza di millenni, voglia ergersi ritto sopra le rovine del mondo moderno, conformandosi alla Volontà divina e assolvendo il compito assegnatogli.

Per maggiori info consultare il seguente link.

Fonte: Azionetradizionale.com
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