Data la dilagante bruttezza della società moderna in cui ci troviamo a vivere e che sta travolgendo ogni aspetto della vita, dal linguaggio alla musica, dall'arte all'architettura, viene istintivamente da chiedersi che fine abbia fatto la bellezza. Oggi assistiamo addirittura alla celebrazione del brutto attraverso feste come Halloween in cui vestirsi da zombi e simulare atti cannibaleschi fa molto "cool". Perché?
L'architettura dal canto suo ha abbandonato qualsiasi preoccupazione per il dettaglio, per l'armonia, al fine di sacrificare tutto nel nome dell'utilitarismo. Gli edifici sono costruiti tenendo conto esclusivamente della loro utilità senza lasciare spazio ad altro. Come sono straordinari ed espressivi quei santi scolpiti e posizionati talmente in alto, sulle colonne delle cattedrali simbolo della civiltà del passato, tanto che nessuno riesce a scorgere le loro espressioni. Ti domandi allora: quale generosità comandò il sacrificio dell'artista di creare senza mostrare? Quale fede?
Nell'arte della scultura e della pittura assistiamo alla medesima degenerazione verso il culto della bruttezza. Le esigenze universali di bellezza radicate nel profondo della natura umana sono oggi messe in discussione da una correttezza politica che vuole convincerci che ogni persona ha il suo standard di cosa sia bello e cosa sia brutto. Ecco allora che si è fatto spazio la concezione soggettiva che l'arte non sia altro che un'idea e poiché chiunque può avere delle idee ecco che tutto può essere arte e chiunque può pretendere di essere un'artista senza più preoccuparsi del talento, del buon gusto o della creatività.
Nelle grandi civiltà tradizionali la bellezza era considerata un valore, alla stregua della verità e della giustizia. Essa era concepita come una finestra sul sacro in grado di elevare l'animo umano dalla sua condizione terrena, per strapparlo dagli appetiti del quotidiano e condurlo verso il trascendente. Bellezza e sacro sono strettamente collegati. Una volta l'arte era fondata sulla religione e ai più elevati livelli l'arte è stata spesso creata al servizio della religione. Ma anche l'arte che non menziona Dio può avere una forza religiosa come ad esempio Tristan e Isolda di Wagner. Ciò si deve al fatto che la bellezza ci apre alla certezza che la nostra vita non sia solo consumata, ma viene redenta.
Senza radici spirituali l'arte diventa un fantasma, piena di odio e di scherno privata del dono della bellezza. Dietro ogni grande cultura che ha creato la Civiltà vi è stata tradizione religiosa. La degenerazione moderna verso l'adorazione del brutto nell'arte, nella musica e nell'architettura non è altro che lo specchio della nostra società così com'è nel suo intimo, nelle sue maniere, nel suo linguaggio, nel suo essere e cioè priva di ogni riferimento superiore.
Nel mondo moderno è all'opera un nichilismo attivo che proviene dalla delusione amara di quelle persone che non possono trovare la fede. Il brutto è la manifestazione estetica del loro egoismo, della loro ricerca del piacere e del profitto...
Così, alla stregua di coloro che perdono la loro fede e sentono il bisogno di sbeffeggiare quello che hanno perduto, così sentono gli artisti di oggi, come anche le persone nella vita di ogni giorno, di trattare la vita umana in modo degradante e di ridicolizzare il bisogno del bello.
Ma si dovrebbe rifiutare questa condizione non accettando tale alienazione e sforzarsi di uscire da questo deserto spirituale che ci circonda ricercando l'Ordine, la Bellezza, in cui l'ideale e il reale coesistono in armonia.
Fonte: aurhelio.it
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