4 gennaio 2020

Lettera di un legionario romano alla famiglia (III sec. d. C.)

(tratto da zweilawyer.com, di Gabriele Campagnano, via azionetradizionale.com) –

Sono passati quasi centoventi anni dal ritrovamento, a Tebtunis (Egitto), del papiro contenente la lettera di Aurelio Polione (Aurelius Polion), eppure quest’ultima, redatta in greco, è stata tradotta solo nel 2012 da un dottorando della Rice University, Grant Adams, ed è apparsa sul n° 49 del Bulletin of the American Society of Papyrologists. Non ho scritto nome e cognome per caso, ma perché c’è grande necessità che archeologi e storici abbiano il coraggio di infilarsi negli archivi, non importa se fisici o digitali, e tirare fuori le tonnellate di materiale raccolto e mai classificato, tradotto o interpretato.
Pur non essendo completa, questa missiva del III secolo ha un grandissimo valore storico.

La datazione di un documento

Sebbene su alcuni siti si trovi il riferimento a un periodo che va dalla seconda metà del II all’inizio del III secolo, mi sembra che lo stesso Grant Adams fornisca degli elementi decisivi per collocare il documento in modo più preciso:

1) il nome Aurelius, per quanto già presente nel II secolo, sembra suggerire la cittadinanza romana, concessa a tutti gli abitanti dell’impero con la Constitutio Antoniniana del 212;

2) nel 214 Caracalla divise di nuovo la Pannonia in Inferior e Superior, con due legioni ciascuna. Le due della Pannonia Inferior, Legio I e II Adiutrix, erano sotto comando di un governatore consolare, menzionato nella lettera (ὑπατεικο̣).

Si evince che il giovane soldato serviva come volontario a migliaia di chilometri da casa, nella Legio II Adiutrix  (Pannonia) e cercava di ottenere un permesso per tornare dalla sua famiglia (con la quale aveva qualche problema).

La cosa straordinaria è che questa lettera può sovrapporsi in modo perfetto a quelle mandate oggi dai militari stanziati nei vari teatri di guerra del mondo. Visto che si parla anche di altre lettere spedite dallo stesso soldato, abbiamo anche l’ennesima testimonianza che, nel mondo romano, gli scambi epistolari erano molto vivaci.

Di seguito, la mia traduzione:

(il fronte della missiva)

Aurelius Polion, soldato della Legio II Adiutrix, a suo fratello Heron, alla sorella Ploutou, alla madre Seinouphis la panettiera e signora (?), tanti cari saluti. Prego giorno e notte che voi godiate di buona salute, e omaggio sempre tutti gli dei da parte vostra. Io non smetto di scrivervi, ma voi non pensate mai a me. Ma io faccio la mia parte scrivendovi sempre e non smettendo mai di stare vicino a voi con la mente e con il cuore. Eppure non mi scrivete mai per dirmi della vostra salute e di come ve la cavate. Sono preoccupato per voi, perché sebbene riceviate spesso lettere da me, non avete mai risposto, così non posso sapere come voi … mentre ero in Pannonia vi ho spedito (delle lettere), ma mi avete trattato come un estraneo … sono partito … e voi siete felici che (?) … l’esercito.  Io non ho … voi … per l’esercito, ma io … sono andato via da voi. Vi ho mandato sei lettere … proverò a ottenere un permesso dal comandante e verrò da te in modo che tu possa capire che sono tuo fratello… Ho chiesto (?) niente a voi per l’esercito, ma vi ho delusi perché sebbene vi abbia scritto, nessuno di voi (?) … ha considerazione. Sentite, vostro (?) vicino … sono tuo fratello. Anche voi, rispondetemi … scrivetemi. Chiunque di voi …, inviate il suo … a me. Salutate mio padre Aphrodisios e mio (?) zio (?) Atesios … sua figlia … suo marito e Orsinouphis e i figli della sorella di sua madre, Xenphon e Ouenophis conosciuto anche come Protas … gli Aurelii … la lettera …


(il retro)

ai figli e a Seinouphis la panettiera … da (?) Aurelius (?) Polion, della legione II Adiutrix … dalla (?) Pannonia Inferior (?) … Consegnata a Acutius (?) Leon (?), veterano della legione … da parte di Aurelius Polion, soldato della legione II Adiutrix, affinché la possa inviare a casa.

La lettera era stata quindi affidata a un veterano della legione, affinché questi la facesse recapitare ai destinatari. A detta del dott. Adams, il greco di Aurelius è piuttosto scarso e le influenze latine sono evidenti sia nella punteggiatura che nella sintassi. È probabile che Aurelius fosse più abituato a scrivere e ricevere ordini in latino, e che quindi il suo greco scritto ne avesse risentito.

Gli scopritori del 1899

Oltre al nome di Grant Adams, vanno ricordati quelli dei due scopritori del documento, Bernard Grenfell e Arthur Hunt, due filologi cui si deve uno dei più importanti ritrovamenti nella storia della papirologia. Molti di voi sapranno già di cosa parlo, ossia dei Papiri di Ossirinco. Si tratta di centinaia di documenti, in greco e latino, scritti fra il I e il VI secolo. La cosa incredibile è che la loro pubblicazione va avanti dal 1898 (vol. n° 1) e, ad oggi, l’ultimo volume uscito è il n° 74 del 2009.

Quella ripetizione ossessiva del “vi ho scritto molte volte… non mi avete mai risposto” è una testimonianza al tempo stesso drammatica ed eccezionale di un mondo che non esiste più: per certi versi era uguale al nostro, per altri distante oltre ogni immaginazione. In fondo nessuno di noi può avere una chiara cognizione di cosa significasse vivere a migliaia di chilometri da casa propria senza avere a disposizione aerei, posta celere, internet e tutta la tecnologia che ci permette di viaggiare e comunicare in modo istantaneo (o quasi).
A meno di ritrovamenti clamorosi, nessuno saprà mai se Aurelius, alla fine, sia riuscito a lasciare la Pannonia Inferiore per tornare al calore della sua famiglia e dell’Egitto.
E questo tipo di suspence non possono darla né i film, né i romanzi, ma solo la storia.

Sotto, l’originale della lettera di Aurelius Immagine: University of California/Berkley’s Bancroft Library
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