Il 7 luglio, alle 18.00, presso le Terme Taurine, la Società Storica Civitavecchiese presenta il suo 24esimo bollettino dedicato all'Imperatore romano Traiano, fondatore di Centumcellae, nel MCM anniversario della sua morte.
28 giugno 2017
11 giugno 2017
La beffa della ricostruzione dell'antica Chiesa di Santa Maria
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| Il Messaggero - febbraio 1960 |
Era la chiesa più antica e amata di Civitavecchia ma venne brutalmente spazzata via, prima dalle bombe alleate poi dalle amministrazioni del secondo dopoguerra. Si tratta della Chiesa templare di Santa Maria, la cui facciata era rivolta su quello che era corso Umberto e di cui oggi ne rimane solo il nome di una piazzetta, piazza Santa Maria per l'appunto, lungo l'attuale corso Marconi. Così come molte foto lo testimoniano, la Chiesa di Santa Maria venne gravemente danneggiata nei bombardamenti anglo-americani ma alla pari della Cattedrale e in maniera più lieve della Chiesa dei Santi Martiri Giapponesi, quest'ultima forse l'edificio sacro più danneggiato nonostante anche la considerevole distanza dai cosiddetti obiettivi militari rappresentati dall'infrastruttura portuale. La Chiesa di Santa Maria, dunque, sarebbe potuta essere ricostruita, come diverse fonti lo testimoniano, ma l'amministrazione di allora con a capo il sindaco Renato Pucci (PCI), non senza probabilmente una certa complicità delle autorità ecclesiastiche locali, decisero altrimenti. In verità, stando alla didascalia di una foto de Il Messaggero risalente al 1960 sembrerebbe che le autorità di allora abbiano potuto buttar giù l'edificio assicurando i cittadini con la storia secondo cui la Chiesa sarebbe stata ricostruita in piazza Calamatta, adirittura più bella di prima. Oggi, della vecchia chiesa Santa Maria ne è rimasto un muretto che delinea la pianta del chiostro dell'ex convento adiacente mentre in piazza Calamatta, là dove sarebbe dovuta sorgere la nuova chiesa, è stata costruita la sede diocesana con un'architettura dal dubbio gusto che nulla ha a che vedere col contesto. Quali fossero le reali intenzioni delle autorità di allora noi non abbiamo modo di saperlo, c'è tuttavia un criterio a cui ci possiamo rifare ed è quello di guardare i frutti delle azioni intraprese per capire la volontà che stette a monte. Poiché "non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo."
Ironia della sorte vuole che dal '46 al '49 (quindi anni chiave circa le decisioni sulla ricostruzione) e dal 1960 per un altro mandato (periodo a cui risale l'articolo de Il Messaggero) fosse alla guida della città, come abbiamo già accennato, il sindaco Renato Pucci, il cui nome è stato dato all'aula dove il 14 maggio scorso, nell'ambito delle iniziative per la commemorazione delle vittime e dei danni dei bombardamenti, ci si interrogava su com'è stato possibile che le amministrazioni del dopoguerra abbiano potuto farsi complici delle distruzioni dei monumenti (Chiesa di Santa Maria, Arsenale Bernini, etc) i quali, sebbene gravemente danneggiati, erano ancora recuperabili.
Comitato 14 Maggio
Fonte foto Il Messaggerio: Francesco Etna
3 giugno 2017
Consigli di lettura | Eneide - L'eroe alla prova d'amore
Civitavecchia vanta l'onore di poter dire che sulle proprie coste, alla foce del Mignone per l'esattezza, è sbarcato #Enea, il principe troiano dalla cui stirpe è scaturita Roma. Un motivo in più, dunque, per approfondire gli insegnamenti immortali trasmessoci da Virgilio. (Comitato 14 Maggio)
Questo scritto è l’elaborazione di un incontro tenuto da Mario Polia presso i locali del Centro Studi Raido, nell’ambito del ciclo di approfondimenti «Radici Profonde». L’autore ci conduce in un viaggio alla scoperta della Romanità celebrata nell’Eneide, il poema di Virgilio composto durante la rinnovazione augustea.
Questo scritto è l’elaborazione di un incontro tenuto da Mario Polia presso i locali del Centro Studi Raido, nell’ambito del ciclo di approfondimenti «Radici Profonde». L’autore ci conduce in un viaggio alla scoperta della Romanità celebrata nell’Eneide, il poema di Virgilio composto durante la rinnovazione augustea.
Al centro della vicenda è Enea, il pius ovvero colui che incarna la Pietas, virtù per eccellenza del futuro Vir romano. Si tratta del «sentimento del dovere» verso gli Dei, verso gli antenati, verso la discendenza.
Diversi aspetti di un’unica virtù, espressi nell’immagine della fuga da Troia, che vede Enea, con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio tenuto per mano, mentre salva i sacra e il Palladio. Enea, figlio di Venere, si allontana dalla Patria in fiamme in aderenza alla missione affidatagli dagli Dei: rifondare una nuova Ilio nel Lazio, dove insediare e custodire i Penati, e dare origine a una discendenza regale.
Da tale stirpe di origine divina, sarebbe nata Rea Silvia, la quale, unita al dio Marte, avrebbe dato vita all’eroe fondatore – Romolo – della nuova città – Roma – a cui Giove avrebbe concesso imperium sine fine.
L’immagine della fuga da Troia rievoca anche il significato originario di Tradizione: trasmissione e continuità di una eredità essenzialmente spirituale. Al vecchio Anchise, infatti, Enea affida il Palladio che, portato a Lavinio, e quindi a Roma, farà parte dei pignora imperii, garanzia della forza dall’alto su cui si poggerà, nei secoli, l’Impero.
Durante il lungo viaggio, Enea è costretto a confrontarsi con le proprie debolezze, che ostacolano il compimento della Volontà divina. Qui riaffiora il messaggio eterno dell’Eneide e della Romanità: l’eroe non è ancora un dio, ma un uomo, con debolezze e difetti, capace però con la Volontà di superare gli uni e gli altri. Solo tale Volontà, orientata ai Princìpi di Onore, Fedeltà, Coraggio e Sacrificio («fare il sacro», da sacrum facere), permette di trascendere la natura semplicemente umana.
In quest’ottica, Mario Polia ci presenta l’episodio dell’amore passionale tra Enea e Didone, regina di Cartagine, di cui l’eroe – ivi giunto nel lungo percorso verso l’Italia – dimentico della sua missione, si innamora distraendosi dal suo dovere. Occorreranno le dure parole di Mercurio, messaggero del Padre degli Dei, per risvegliare Enea dal sogno e richiamarlo al compito fatale a lui assegnato. L’eroe, lacerato nell’animo dalla passione, ma con la mente ferma al dovere, rompe gli indugi e salpa alla volta del Lazio, gettando Didone – vinta dal tormento – nella disperazione che la condurrà al suicidio.
Lo struggente episodio mostra come l’essere umano, davanti alla forza travolgente delle passioni, possa scegliere di cedervi, oppure, rivendicando una superiore libertà da queste, di dominarle.
L’esempio luminoso di Enea irradia chi, a distanza di millenni, voglia ergersi ritto sopra le rovine del mondo moderno, conformandosi alla Volontà divina e assolvendo il compito assegnatogli.
2 giugno 2017
Delibera di Giunta per sostituire il nome di Via Piave
Il provvedimento prevede la sostituzione del nome di "via Piave", sita nel centro storico e che ricorda la grande battaglia della Prima Guerra Mondiale in cui si sacrificarono migliaia di giovani, con una nuova denominazione "Salita dell'Arciconfraternita del Gonfalone". Una delibera il cui tempo poteva essere impiegato deliberando su problemi reali della città con cui i cittadini si confrontano.






